Andrea Crespi, Presidente di Hyundai Italia: "Elettriche sì, ma belle da guidare"
L'auto che verrà secondo Hyundai, spiegata dal Presidente di Hyundai Italia. Ci sono ottime notizie
Qualcuno si è già spinto fino al "rifiuto" dell'oggetto automobile, definendosi "Fornitore di servizi di mobilità sostenibile, integrata e connessa, non più una Casa automobilistica". E poi ci sono aziende come Hyundai che l'automobile non la rinnegano. Anzi, continuano a vederla - anche - come un oggetto che va oltre il mezzo di trasporto. Ciò non significa rimanere ancorati ad anacronistiche visioni tali per cui l'auto si compra e basta, ovviamente in concessionaria, e a muoverla sono necessariamente pistoni e bielle. Nella strategia di Hyundai, la passione per l'automobile e per la guida vanno a di pari passo con la sostenibilità e l'economia della condivisione: lo dimostra l'ampio ricorso all'elettrificazione già presente nella gamma, così come la presenza di versioni "N", quelle sportive.
Ci siamo fatti spiegare queste apparenti contraddizioni dal nuovo Presidente di Hyundai Italia, già Managing Director dal 2013, Andrea Crespi.
TG: Partiamo da due concept che dicono molto di come Hyundai interpreti le auto: N Vision 74 e RN22e. Elettriche e/o a idrogeno, ok, ma fortemente focalizzate sulla passione di guida. Si può dire che Hyundai non abbia tutta questa fretta di diventare “fornitore di servizi di mobilità integrata”. O meglio: la strada magari è quella ma non rinnega ciò che è sempre stata.
A.C.: “Assolutamente. Rinnegare il prodotto e gli sviluppi tecnologici non è la nostra vocazione. Soprattutto in questa fase, in cui c’è un’attenzione spasmodica verso la costruzione di quella che viene chiamata smart mobility, non si può prescindere dalla connessione emotiva con il brand e con il prodotto. Hyundai, oltre alla dimensione sostenibile, ha una forte passione per lo sport testimoniata, tra le altre cose, dalla partecipazione al WRC e al WTCR. Tutto questo viene poi trasferito in Salone sotto il brand N, quello che contraddistingue appunto le Hyundai più sportive. Quindi da un lato lavoriamo - e molto - sulle nuove forme di mobilità condivisa e connessa, che per noi rimane parte del brand e del business, ma dall’altro non dimentichiamo la dimensione ‘fun to drive’.
TG: Ogni appassionato di auto non può che essere contento a sentire queste parole, però - in tutta sincerità - se vent’anni fa qualcuno avesse detto che a tutelare il piacere di guida sarebbe stato un marchio coreano… Beh, sarebbe stato difficile da credere.
A.C.: “Infatti. Questa è la novità dell’evoluzione e a proposito di ciò torno sui due concept citati all’inizio. Entrambi sono dotati di un powertrain molto particolari: a idrogeno ed elettrico. Un modo per comunicare che Hyundai considera prioritario il piacere di guida anche senza il motore endotermico”.
TG: Molti sostengono che le citycar siano anti economiche, che non convenga più farle: Hyundai invece sembra continuare a crederci. Dove sta la verità?
A.C.: “Mi piace sottolineare che per noi il punto di partenza è il mercato. Tuttora, il 40% delle richieste dei consumatori è nei segmenti A e B, quelli delle auto più piccole. Nella nostra economia di volumi, i10 e i20 in tutte le loro declinazioni sono ancora molto importanti. Significa soddisfare la clientela, che magari prima pensava ad altri marchi e ora si trasferisce su un marchio molto avanzato che offre soluzioni di connettività, sicurezza ed economicità di utilizzo che un tempo non venivano considerate e che oggi vengono viste come molto vicine. Ciò non significa trascurare l’offerta nel segmento dei SUV; solo, il punto di contatto con il consumatore che instauriamo con le auto più piccole rimane imprescindibile.
TG: Per un Gruppo globale come Hyundai i numeri del mercato italiano - e di pochi altri - sono sufficienti a giustificare gli investimenti necessari per rimanere nel segmento A?
A.C.: “I numeri del mercato italiano in realtà si riflettono anche su altri mercati fondamentali come quello francese. Lo stabilimento nel quale produciamo i10, i20 e Bayon, quello turco, non solo è di primissima mano per l’Europa ma va anche a gonfie vele e questo testimonia il grande successo delle Hyundai più piccole”.
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TG: Motori endotermici: qual è la posizione di Hyundai? E sui Diesel nello specifico? È davvero un motore senza speranze, causa normative, oppure qualcosa potrebbe cambiare?
A.C.: “Sicuramente l’attenzione di Hyundai è sulle motorizzazioni elettrificate ed elettriche, dopodiché mi affido alle scelte del cliente. Porto l’esempio della Tucson: con la precedente generazione, il Diesel la faceva da padrone. L’ultima generazione del nostro C-SUV è venduta, per oltre il 70%, con powertrain mild hybrid e full hybrid. Il consumatore mostra evidentemente di voler virare verso soluzioni più vicine alla mobilità del futuro. Non voglio dire nulla di negativo sul Diesel, dico solo che se ci siamo fissati come sistema (non solo come mondo dell’auto ma come sistema più allargato) per la riduzione della CO2, dobbiamo per forza andare per questo canale, virare su tecnologie ed economie di utilizzo più vicine agli obiettivi futuri. Tecnologie capaci anche di rassicurare il consumatore nel momento in cui deve fare un acquisto che deve durare per i 5/6 anni successivi.
TG: Le richieste dei consumatori non sono cambiate anche alla luce, da una parte, delle restrizioni sempre più forti vigenti nelle principali città e, dall’altro, degli incentivi in favore delle ibride? Senza contare che l’offerta di auto a gasolio si è drasticamente ridotta.
A.C.: “A me non piace parlare di costrizione, nemmeno di imposizioni politiche. Sono scelte fatte dalla comunità, che decide determinate cose e quindi chiaramente vengono introdotti dei vincoli che ti impongono di andare in una certa direzione. Non c’è dubbio che le cose stiano così. Noi il Diesel ce l’abbiamo ancora in gamma per i clienti che hanno percorrenze elevate, però mi sembra che la direzione sia segnata. Se facessimo un discorso esclusivamente tecnologico e di convenienza, allora posso pensare che avremmo delle alternative. Invece secondo me se vediamo queste scelte all’interno di un sistema (il sistema città) che vuole ridurre le emissioni non solo nel trasporto, allora sicuramente dobbiamo riconoscere che abbiamo dei vincoli (i limiti di omologazione, per i costruttori). Le città hanno dei vincoli, così come i costruttori: tutti devono mirare allo stesso obiettivo che è quello di abbassare le emissioni di CO2. A questo punto la strada è tracciata e non si tratta più di demonizzare una tecnologia ma di attivarsi dando dei prodotti all’altezza, in ciascun segmento, al consumatore finale. Proprio come sembra essere la nostra Tucson hybrid, che è il primo C-SUV nel segmento privati.
TG: La prima volta di un Presidente italiano per Hyundai Italia. È una bella eccezione oppure una nuova strategia di Hyundai che in un certo senso vuole adattarsi meglio ai vari mercati locali?
A.C. “La voglio vedere come un’evoluzione. Oggi c’è un Presidente locale in Italia e in Francia e il Presidente di Hyundai Europa è un inglese. Si tratta di un espressione di una global company che si vuole modernizzare nei suoi processi, senza rimanere ancorata alla nazionalità di chi conduce il business ma che apre alle capacità di management in maniera trasversale. Ciò significa che al momento in Italia c’è un Presidente italiano ma ciò non esclude che un domani ci possa essere, per esempio, in Italia, un Presidente di un’altra nazione europea. Fa tutto parte di un processo di modernizzazione e internazionalizzazione dell’azienda che seleziona le capacità manageriali in base al merito, puntando sugli elementi più aggiornati, più preparati, che possono veramente provocare un cambiamento nell’azienda.
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