Audi RS6, storia di un’idea folle e di successo
Sulla scia del successo della sorella minore RS4, vent’anni fa debuttava la RS6, ora giunta alla quinta generazione
Che noia sarebbe un mondo in cui tutto è esattamente come te lo aspetti. Che gioia invece stupirsi anche per le piccole cose, scoprire che a volte il mondo “va alla rovescia”. Pensate per esempio a dove può essere arrivata la mascella dei guidatori di qualche sportiva in giro per il mondo, quando si sono resi conto di non riuscirsi a scrollare di dosso una station wagon con quattro anelli sul cofano. No, oggi non sorprende più nessuno che una familiare come la Audi RS6 possa tener testa (e non solo in rettilineo) a coupé ben più esplicite nelle forme, però a metà anni Novanta sì. eccome. Nel 1994 arriva infatti sul mercato la prima auto di questo genere: l’Audi RS2. Base Audi 80 Avant, motore 5 cilindri parente di quello usato nel mondiale rally, telaio e freni rivisti da Porsche. Una formula tanto “folle” quanto di successo, che infatti nel 2002 viene replicata sulla più grande A6 (senza la consulenza di Porsche), che diventa appunto RS6. E se vi state domandando quale sarà il futuro di questo modello, la risposta è: elettrico, molto probabilmente. Quindi le prestazioni non mancheranno, ma il sound da brividi del motore sì. Ce ne faremo una ragione?
Sempre e solo integrale, con motori a V e cambio automatico
Tre elementi non sono mai mancati alla RS6: la trazione 4x4, i motori a V e la trasmissione automatica, seppur con grandi e numerose evoluzioni e variazioni sul tema. Partiamo dai propulsori. Per la prima RS6, quattro GmbH sceglie il V8 4.2 già utilizzato sulla S6 nella configurazione aspirata da 340 CV. Per la RS6, l’8 cilindri viene sovralimentato mediante due turbocompressori corredati da altrettanti intercooler, fino a ottenere 450 CV e 560 Nm di coppia (480 CV per la plus di fine carriera). Il propulsore così rivisitato (da Cosworth, che fino al 2004 è affiliata di Audi AG) è però troppo grande per stare nel vano motore della A6: quattro GmbH ridisegna l’avantreno dell’auto, allungandolo e allargandolo di 4 cm. Il cambio, per la prima volta nella storia di RS, è solo automatico, un 5 rapporti per la precisione.
Nel 2008, con l’arrivo della seconda RS6, il V8 lascia il posto al V10 5 litri di origine Lamborghini con lubrificazione a carter secco, cui vengono aggiunti due turbocompressori: 580 CV e una coppia di 650 Nm disponibile sin da 1.500 giri. Il cambio è nuovo, ma sempre automatico del tipo con convertitore di coppia a 6 rapporti. Risultato: 0-100 km/h in 4,6 secondi (4,5 secondi per la berlina) e velocità massima di 303 km/h per la variante plus. Numeri superiori persino a quelli della supercar R8, all’epoca.
Con la terza generazione di RS6, Audi torna al V8 e non riduce solo il numero dei cilindri, perché anche la cubatura è la più piccola mai utilizzata, 4 litri. Di base, è proprio la filosofia alla base della vettura a variare, perché se è vero che anche la potenza diminuisce (si parla comunque di 560 CV, a fronte di ben 700 Nm di coppia), il peso di ben 120 kg inferiore rispetto a quello della seconda RS6 assicura un rapporto peso/potenza decisamente più favorevole. Non deve sorprendere dunque che il tempo sullo 0-100 km/h migliori di ben 7 decimi di secondo: 3,9 secondi (305 km/h di velocità massim). Il merito è anche del cambio tiptronic a 8 rapporti, che fra le altre cose contribuisce al miglioramento dell’efficienza del 30%, detto che i consumi di carburante non sono la prima preoccupazione del cliente tipo della RS6. Nel corso degli anni il V8 viene affinato, fino a superare la potenza del V10: tocca infatti i 605 CV e 750 Nm di coppia.
Per la quarta generazione di RS6 si riparte da quota 600 CV e 800 Nm di coppia, e dal 4.0 V8 biturbo naturalmente. Si aggiunge però il modulo elettrico: per la prima volta, la RS 6 condivide l’elettrificazione adottando un sistema mild-hybrid a 48 Volt che ne rafforza l’efficienza. Sebbene lievemente più pesante rispetto alla serie C7, Audi RS 6 Avant scatta da 0 a 100 km/h in 3,6 secondi e da 0 a 200 km/h in 12 secondi.
Non basta dire trazione integrale
I puristi della guida non concepiscono altro che la trazione posteriore. Con valide motivazioni, questo va detto. Quando però i valori di potenza e coppia superano certe soglie - e quando si parla pur sempre di auto attorno alle 2 tonnellate di peso e destinate anche a un uso familiare - è innegabile che il 4X4 sia una garanzia di sicurezza in più. Detto questo, la trazione integrale consente di “giocare” con la ripartizione e ottenere il comportamento dinamico che si preferisce. Ed è proprio in questo ambito che la RS6 - e il marchio Audi in generale - riesce a cambiare radicalmente il modo in cui viene percepita, in modo particolare tra gli “smanettoni”.
Sì perché se la prima RS6 è piuttosto “prudente” e se deve perdere aderenza lo fa sempre e solo con l’asse anteriore (salvo manovre rallistiche), man mano le cose si fanno sempre più interessanti. Facciamo dunque un balzo all’ultima generazione, che di base prevede una ripartizione con il 60% della coppia inviata al retrotreno, che può variare fino a un massimo dell’85% al posteriore e del 70% davanti. Si privilegia, in sostanza, un comportamento da (quasi) trazione posteriore. Per la gioia di chi ama pennellare le traiettorie col gas e non solo con lo sterzo.
Un assetto sotto controllo
Detto della trazione integrale, un ruolo fondamentale per una dinamica di guida all’altezza lo gioca l’assetto. Siccome l’Audi RS6 è la classica auto che deve coniugare esigenze opposte, non si può prescindere da sospensioni in grado di variare la propria risposta in base alle diverse situazioni di guida. Nel caso della prima generazione, questo avviene idraulicamente. Il Dynamic Ride Control (DRC), grazie alla compensazione idraulica di rollio e beccheggio, contrasta in modo rapido il coricamento laterale e il beccheggio (i movimenti laterali e quelli longitudinali della scocca). Tecnicamente, il DRC si avvale di molle in acciaio e ammortizzatori con diverse tarature. Gli ammortizzatori lungo un lato dell’auto sono vincolati con quelli collocati diagonalmente all’opposto mediante un circuito a due vie caratterizzato da una valvola centrale per ciascuna linea. Ciò permette per esempio di irrigidire, in curva, gli ammortizzatori delle ruote esterne, in modo però “incrociato” con quelli delle ruote interne, in modo da compensare eventuali trasferimenti di carico verso l’avantreno o il retrotreno. Sulla RS6 V10, il DRC si evolve e offre tre tarature degli ammortizzatori. La terza generazione vede l’arrivo delle sospensioni pneumatiche adattive, in grado di abbinare un handling da vera sportiva (cui contribuisce la possibilità di ribassare l’assetto di 20 mm) con il comfort di una wagon “DOC”.
Tuttavia, è con l’ultima generazione di RS6 che viene compiuto il salto più grande, grazie soprattutto allo sterzo integrale dinamico. Non “solo” il rapporto di demoltipliazione dello sterzo varia in funzione della velocità (più diretto a basse andature e viceversa) ma è presente la sterzatura dell’assale posteriore, mediante un sistema a vite e tiranti trasversali. A basse velocità, le ruote posteriori sterzano in controfase rispetto a quelle anteriori fino a un massimo di cinque gradi: il diametro di volta si riduce di un metro e nel misto stretto si passa da una curva all’altra con pochi gradi di volante. Diversamente, ad andatura media ed elevata (oltre i 100 km/h), le ruote posteriori sterzano fino a un massimo di due gradi nella stessa direzione di quelle anteriori, a vantaggio della stabilità. Trova conferma l’assetto Dynamic Ride Control (DRC).
Freni da corsa, carreggiate XXL
Si pensa sempre alla potenza, quasi mai ai freni. Beh oltre a salvare potenzialmente la vita (e già non ci sembra poco…), un impianto più potente e resistente migliora anche il tempo sul giro. E in questo comparto la RS6 fa il più grande step nel passaggio dalla prima alla seconda generazione, quando diventa disponibile per la prima volta l’opzione freni carboceramici, con dischi anteriori da 420 millimetri di diametro e posteriori da 356 millimetri.
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RS6, e in generale Audi RS, significa anche passaruota allargati, per contenere carreggiate maggiorate e ruote ben più grandi rispetto ai modelli della gamma “normale”. Estetica e meccanica, insomma. La prima RS6 aumenta di 4 centimetri in lunghezza e altrettanto in larghezza (una crescita necessaria a far posto al motore), vanta minigonne specifiche, passaruota ampliati, prese d’aria maggiorate, paraurti e spoiler dedicati, cerchi da 18 o 19 pollici. La RS6 V10, la seconda, adotta passaruota maggiorati e paraurti specifici per fare posto ai cerchi in lega da 19 o 20 pollici e alle carreggiate maggiorate di 35 millimetri. Crescono addirittura di 6 cm le carreggiate della RS6 di terza generazione, ma è la più recente delle RS6 a scavare il solco più grande con le A6 contemporanee: +8 cm di carreggiate e cerchi fino a 22 pollici di diametro.