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De Tomaso P72: l’essenza della meccanica pura in 72 esemplari

De Tomaso P72: design rétro, V8 sovralimentato e costruzione artigianale per una delle hypercar più rare e affascinanti degli ultimi anni.

Marco Lasala
Pubblicato il: 08 ago 2025
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Nel mondo delle hypercar artigianali, dove ogni progetto sembra nascere tra render futuristici e promesse eterne, la De Tomaso P72 è finalmente passata dallo status di miraggio a quello di realtà tangibile. Presentata per la prima volta al Goodwood Festival of Speed nel 2019, quando il brand era ancora privo di stabilimento e partner motoristici, questa coupé dal fascino retrò sembrava destinata a restare un esercizio di stile. E invece, contro ogni previsione, le prime consegne sono iniziate.

Dietro il progetto c’è la visione dell’imprenditore Norman Choi, che ha rilevato il marchio nel 2014 con l’obiettivo di riportarlo ai fasti degli anni Settanta. Nonostante le sfide legate alla produzione e ai ritardi causati dalla pandemia, la De Tomaso P72 ha preso forma grazie alla collaborazione con HWA, lo storico braccio racing legato ad AMG, nei pressi di Stoccarda.

Il design, firmato da Jowyn Wong, rimane fedele alle linee originali: una scultura aerodinamica che omaggia la P70 del 1965, pur citando elementi delle Ferrari P3/4, Lola T70 e Porsche 917K. L’unico aggiornamento visivo rispetto al concept riguarda il diffusore posteriore, ridisegnato per nascondere i radiatori della trasmissione.

De Tomaso P72, meccanica analogica per puristi

All’interno, ogni dettaglio è stato pensato per resistere al tempo: il cruscotto abbandona gli schermi in favore di strumenti analogici incisi con numeri romani, mentre i comandi per climatizzazione e alzavetri sono realizzati in alluminio lavorato a mano. Niente infotainment, USB o connettività: la filosofia è quella di creare un oggetto senza età, un vero pezzo da collezione. Ogni cliente può personalizzare le finiture metalliche scegliendo tra lucidatura a specchio, spazzolatura artigianale o una superficie opaca sabbiata.

Sotto la carrozzeria in carbonio batte un cuore americano: il V8 5.0 Coyote di origine Ford, dotato di compressore volumetrico e preparato con componenti forgiati, eroga 700 cavalli e mantiene un’erogazione naturale, grazie a un supercharger silenzioso. Il cambio manuale a sei marce, con leveraggio a vista, è l’emblema dell’approccio analogico voluto da Choi, che ha trasformato l’auto in una GT estrema piuttosto che in un giocattolo da pista.

La scocca monoscocca in fibra di carbonio è progettata per superare gli standard di crash test delle Le Mans Prototype, mentre l’abitacolo, pur compatto, offre regolazioni su volante e pedaliera, oltre a una maggiore accessibilità grazie a soglie d’ingresso modificate.

Le normative hanno costretto i progettisti ad alcune concessioni, come lo specchietto retrovisore digitale opzionale e silenziatori rivestiti in ceramica per contenere le emissioni acustiche sotto i 63 dB, ma il carattere resta integro: niente modalità di guida, niente aerodinamica attiva. Solo trazione meccanica, grip naturale e una taratura pensata per la guida istintiva.

A oltre sei anni dalla presentazione, la P72 debutta in soli 72 esemplari, con una lista d’attesa venti volte superiore. Un oggetto destinato a rimanere unico, nel tempo e nella filosofia.

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