Mazda: “Il piacere di guida conterà ancora”
A dirlo è il Managing Director di Mazda Italia Roberto Pietrantonio, che ci ha anche raccontato molte cose interessanti sul marchio giapponese
Chi ama le automobili non può provare come minimo simpatia per Mazda. Perché? Facile: ovviamente possono non piacere, le auto del marchio giapponese, però hanno sempre qualcosa che dimostra che chi le progetta ha passione per ciò che sta facendo; che si tratti di design, di una soluzione tecnica o entrambi. Non si tratta mai di prodotti freddi, incapaci di trasmettere anche la più piccola delle emozioni. Sì perché là fuori ce ne sono fin troppe di macchine tecnicamente ineccepibili, ma più vicine al concetto di un elettrodomestico, con tutto il rispetto per gli elettrodomestici, che a quello di un'auto. Detto questo, avrà ragione Mazda a puntare sul piacere di guida "old style" e sul concetto più tradizionale di auto (che comunque non dimentica le odierne esigenze in termini di sostenibilità e connettività)? La risposta definitiva la sapremo tra qualche anno. Intanto, il Managing Director di Mazda Italia Roberto Pietrantonio, ci offre molti spunti e riflessioni sulla filosofia di Mazda. Eccoli.
TG: Prima di concentrarci sul prodotto, una domanda di carattere generale: qual è il segreto che permette a Mazda di "correre da sola" in un mondo (dell'auto) in cui sembra che senza alleanze su scala globale non si possa sopravvivere?
R.P.: Non c’è un solo elemento, ce ne sono tanti. Partiamo dallo spirito e dal forte senso di identità di questo marchio, legato anche alla città in cui Mazda nasce e cresce: Hiroshima. Se si pensa alla storia di questo luogo, a quello che ha dovuto sopportare e superare, si capisce molto dello spirito giapponese in generale e della mentalità delle persone che guidano la nostra azienda, così come di chi lavora in fabbrica. A Hiroshima c’è una cultura del lavoro che ha dell’incredibile e che contribuisce enormemente al buon andamento generale. Per quello che riguarda il senso di identità, è tornato prepotentemente dopo che nel 2008 abbiamo ripreso il controllo totale dell’azienda acquistando le quote dall’ex azionista di maggioranza. Un’identità che si esplica fortemente con il Kodo Design e la SkyActiv Technology inaugurati con la CX-5 nel 2012 e portati avanti tuttora.
Lato business, ci sono alleanze strategiche intelligenti. Una su tutte: quella con Toyota, al di là dello scambio reciproco di quote azionarie c’è una forte condivisione di tecnologie per quello che riguarda la connettività, l’elettrificazione e il miglioramento dell’efficienza dei motori endotermici.
Non ultimo, tra i fattori che permettono a Mazda di correre da sola, ci aggiungerei un mix equilibrato di vendite nelle varie aree del mondo. Noi non dipendiamo da un’area specifica e questo permette di superare senza contraccolpi troppo forti eventuali crisi in una determinata zona.
TG: E adesso andiamo a ciò che per noi appassionati è musica: i nuovi motori a 6 cilindri in linea, diesel 3.3 e benzina 3.0, che a breve arriveranno sul SUV top di gamma. Follia, lucidità assoluta o lucida follia?
R.P.: Direi lucida follia, che fa perfettamente parte della cultura Mazda, che intraprende la propria strada, la segue con fermezza e ci crede anche se è diversa da quella di tutti gli altri. È successo per esempio con il rightsizing, cioè il fatto che noi non abbiamo mai voluto scendere troppo con le cilindrate. Il tempo, alla fine, ci ha dato ragione. Quindi sì, direi lucida follia, ma anche coerenza molto forte tra ciò che Mazda dice e ciò che fa: nel caso dei nuovi motori a 6 cilindri, c’è tutta la nostra convinzione nella strada della multi solution. Ciò significa fare il bene dell’ambiente anche con soluzioni che funzionano nel breve periodo; aumentare l’efficienza termica, per capirci. Il tutto, sia chiaro, poggia su basi tecniche molto forti: la piattaforma della CX-60 con motore longitudinale ha consentito di creare spazio per batterie e motori di taglio diverso e, quindi, di avere mild hybrid e plug-in hybrid sulla stessa base. Quella di Mazda è sì una risposta per appassionati ma anche concreta e mirata alle tematiche attuali.
TG: Abbiamo speranze di vedere il 3.0 benzina su qualche auto sportiva, magari con un manuale come si deve?
R.P.: Il motore ce l’abbiamo, sul cambio manuale una certa competenza ce l’abbiamo (quello della MX-5 è uno dei più amati in assoluto), un sogno - peraltro molto apprezzato - chiamato Vision Coupé c’è, per cui posso dirti che gli elementi li abbiamo. Un progetto ancora non esiste però sognare non costa niente e se questo sogno in Mazda ce l’hanno in tanti magari va a finire come con la MX-5, che inizialmente era un progetto praticamente clandestino visto che non era ritenuto strategico. Poi sappiamo tutti com’è andata.
TG: A distanza di un po' di tempo dalla vostra prima elettrica, siete ancora convinti della scelta di una batteria “piccola”?
R.P.: Siamo contenti per la coerenza del pensiero: la MX-30 nasce per clienti specifici, per chi è alla ricerca della seconda o terza auto per il commuting quotidiano. Il tutto, sullo sfondo di una sostenibilità elevata non solo in termini di emissioni allo scarico ma anche di ciclo produttivo: più è grande la batteria più inquinamento si genera per produrla e per smaltirla (senza contare che il peso è un fattore di non sostenibilità quando si parla di veicoli). Detto questo, è chiaro che mi piacerebbe avere già adesso auto elettriche che vadano dai 200 ai 2000 km di autonomia. In ogni caso abbiamo soluzioni diverse, numerose e proprio sulla MX-30 arriverà il range extender basato sul Wankel; anche in questo caso un esempio di forte coerenza da Mazda.
Ciò non significa che Mazda non guardi avanti, anzi: nel 2025 lanceremo la piattaforma dedicata esclusivamente alle auto elettriche e quindi, fra il 2025 e il 2030, ci sarà un’importante infornata di nuove Mazda.
TG: Piacere di guida: conterà ancora?
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R.P.: Secondo me assolutamente sì. Nonostante quello che si dice, infatti, di persone che amano le automobili ce ne sono ancora tante. Ed è proprio a questa tipologia di automobilista che si rivolge un marchio come Mazda. Mi hanno chiesto se nel futuro esisterà ancora la MX-5: io ho risposto di sì e - scherzando - ho aggiunto che sono certo che se le auto un giorno dovessero volare, io immagino la MX-5 volante capace però di mantenere i suoi presupposti, le sue caratteristiche di piacere di guida e divertimento anche nel volo.
TG: E ora la Mazda 2 Hybrid: perché un marchio che va sempre per la sua strada si presenta sul mercato con un clone di un'altra auto, per quanto ottima? Non c’è il rischio di disorientare un cliente che da Mazda si aspetta sempre qualcosa di originale?
R.P.: Ti confesso che all’inizio il problema ce lo siamo posti, forse ancor più di quanto se lo siano posti poi i consumatori. Si tratta di un’operazione commerciale di re-badging: Mazda e Toyota hanno fatto un accordo preciso sui numeri che la Mazda 2 Hybrid potrà raggiungere in Europa, in modo da ottenere i risultati economici prefissati. Al momento, devo dire che dal punto di vista dei volumi, dei profitti e della saturazione degli impianti produttivi l’operazione sta funzionando. In tutto questo c’è anche un vantaggio per il cliente: le persone legate al concessionario (perché si fidano della persona di riferimento) e che comprano “qualsiasi” cosa basta che si trovi lì, grazie all’accordo con Toyota nei saloni Mazda ora un ventaglio di scelta più ampio.