Ciao, Sir Frank Williams
Dopo i successi in pista e la sfida alla tetraplegia causata da un incidente del 1986, Sir Frank Williams si è spento all'età di 79 anni.
"Se ne è andato uno dei padri fondatori della Formula 1. Mi ricordo quando Ferrari mi mandava alle riunioni a Londra. C’erano Colin Chapman, Bernie Ecclestone, Teddy Mayer, Ken Tyrrell e poi arrivò Frank. È stato un uomo di grande spessore, di grande coraggio”. Luca di Montezemolo si lascia trasportare dalla nostalgia ricordando Sir Frank Williams, il Ferrari d’Inghilterra. Williams è riuscito a imitare Ferrari soltanto in pista e senza mai fabbricarsi un motore in casa, ma come il Drake amava le corse e alle corse ha dedicato tutto se stesso anche quando, costretto su una sedia a rotelle, ha dovuto comandare tutti con uno sguardo, una parola.
“Non dimenticherò mai la sua telefonata quando me ne andai dalla Ferrari. Era stato un grande avversario, mi diede anche una grande delusione nel 1997 con Villeneuve, ma poi le cose cambiarono”, ricorda Montezemolo che racconta anche di quando gli chiedeva gli sconti per compare due Fiat 132 per il team.
Un legame profondo con l'Italia
Con Frank se ne è andato uno degli ultimi romantici della Formula 1, anche se poi pure lui è diventato un romantico miliardario con la trasformazione dello sport in business. Per Stefano Domenicali, grande capo della Formula 1 “è stato un gigante dello sport”. Per Riccardo Patrese che con le sue auto ha sfiorato il titolo mondiale all’epoca di Mansell “Frank era un amico, da sempre. Siamo stati bene insieme, tra noi c’è sempre stato molto feeling”. Con Patrese Frank parlava italiano, una lingua che aveva imparato benissimo frequentando l’Italia fin dall’epoca delle categorie minori. Frank ha avuto tantissimi sponsor italiani quando le sue auto e i suoi piloti dominavano il mondiale (9 titoli costruttori e 7 piloti), ha avuto anche un socio di minoranza italiano, un amico a cui aveva simbolicamente ceduto un’azione per ringraziarlo dell’aiuto che gli aveva sempre dato nel reperire le sponsorizzazioni.
Un tipo spregiudicato
Era un tipo spregiudicato, in pista come negli affari. Si racconta che quando cercava di guadagnare vendendo auto agli italiani gli capitava di farsi rimandare in Inghilterra la vecchia monoposto, di lavorarci su per mesi, cambiare le targhette identificative del telaio e rivendere come nuova la stessa auto al vecchio proprietario. È andato avanti a farlo per anni, pare che nessuno se ne accorgesse. Per anni, poi, si racconta che scappasse dagli hotel con i suoi meccanici perché non aveva soldi per pagare i conti. Quando è diventato abbastanza forte e ricco da poter pagare debiti e fornitori, si è trovato alle prese con altri conti da pagare, oltre a quello della sua condizione fisica. La morte di Piers Courage negli anni Settanta e quella di Ayrton Senna nel 1994, per esempio.
“Con Frank era tutto molto rigoroso e al tempo stesso trasparente. Parlava sempre chiaro. Era molto esigente, con lui e con Head c’era poco da scherzare, ma al tempo stesso era affabile, amichevole. Pretendeva molto, però sapeva anche darti le soddisfazioni che meritavi”, ha ricordato Patrese. Purtroppo in quel maledetto maggio del 1994 a Imola il proverbiale rigore della Williams finì nel dimenticatoio e il povero Senna si ritrovò senza il piantone dello sterzo. “A casa nostra Ayrton è stato considerato un Dio per lungo tempo –racconta Claire in un bel documentario della Bbc distribuito su varie piattaforme anche in Italia -. Papà ne era innamorato. Lo aveva nel cuore, nella testa e voleva assolutamente portarlo in squadra. Alla fine il suo sogno si è avverato, ma è finito nel peggior modo possibile”. Ha vinto mondiali con Jones, Rosberg padre, Hill e Villeneuve figli, Piquet, Mansell, Prost. Non ce l’ha fatta con il pilota che aveva amato di più, quello a cui per primo aveva offerto di guidare una Formula 1. Ma non ricordatelo solo per quel primo maggio 1994. Frank Williams per fortuna è stato molto altro.
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