Guenther Steiner, la nuova stella della Formula 1
L’altoatesino Guenther Steiner, l’istrionico Team Manager della Haas, è uno dei personaggi più popolari del paddock. TG lo ha intervistato
Drive to Survive - la serie Netflix che documenta una narrativa parallela della Formula 1 - ha reso molto famose alcune persone improbabili di questo sport, come Guenther Steiner, il carismatico e infaticabile team manager della Haas. Un irriducibile appassionato di sport motoristici con un passato nei rally con la Peugeot, in F1, poi in Nascar e con la Red Bull, prima di convincere Gene Haas ad entrare in F1 assumendo la direzione del team. In Drive to Survive, la sua rudezza lo ha reso una celebrità per milioni di appassionati in tutto il mondo e persino tra coloro che non avevano mai visto un Gran Premio di F1. Lo abbiamo incontrato durante una visita alla sede della Haas e possiamo confermare che il lessico di questo straordinario italiano è davvero molto colorito!
TG: Guenther, come stai? Sei più teso o eccitato per questo inizio di stagione che ha come resuscitato Magnussen e ha visto sbloccarsi Schumacher?
GS: Non so gli altri, ma io mi agito solo durante le qualifiche e il Gran Premio. È allora che sono teso e il cuore batte all’impazzata. Tutto il resto del tempo è solo routine.
Ogni giorno ti alzi, ricevi delle email stupide, qualcuno vuole qualcosa, qualcun altro si lamenta di qualcos’altro.
Mantieni la calma e ci lavori. Questo è tutto ciò che puoi fare. Raramente mi vedrai eccitato se non quando corriamo
e divento irascibile.
TG: Il regolamento tecnico 2022 è stata un’opportunità per la Haas?
GS: Era una sfida, perché era tutto nuovo. Pensiamo di aver fatto tutto bene, ma forse altri sono stati più bravi. Vedremo nel prosieguo della stagione. In teoria le nuove regole e il tetto ai costi dovrebbero avvantaggiarci ma non a breve termine. Le grandi squadre hanno ancora molte più risorse e si sono avvantaggiate prima dell’introduzione del limite di budget. Pare che ci siano tante interpretazioni e penso che ci sia abbastanza spazio per fare qualcosa di diverso. Speriamo sempre di non sbagliare, cazzo!
TG: Haas può vincere un gran premio nel 2022?
GS: No, non in circostanze normali. In teoria dovrebbe essere possibile per chiunque abbia fatto un buon lavoro vincere una gara, perché il denaro non dovrebbe più essere un fattore così decisivo. Penso che la nostra macchina sia buona e sono cautamente fiducioso, ma anche se ho fatto un buon lavoro e gli altri hanno fatto meglio, non vincerò. Vedendo la progressione del nostro sviluppo, sono fiducioso ma l'unico giudice sarà sempre e soltanto la pista.
TG: Siete una squadra americana con una base nel Regno Unito, un’altra a Maranello e la Dallara vi costruisce
il telaio. Può funzionare?
GS: A me pare proprio di sì, visti anche i risultati. Questa è la migliore configurazione per il modello attuale. Certo, è un compromesso, ma funziona e non vedo problemi. Facevamo già videoconferenze prima che tutti gli altri le scoprissero con la pandemia. Cos’è peggio, avere tre uffici o 200 persone in smart working? Non c’è molta differenza e persone competenti faranno comunque un ottimo lavoro anche in luoghi diversi. In ogni caso, con 23 gare a calendario, anche le persone che lavorano nello stesso luogo sono raramente in sede. Il mondo è cambiato.
TG: Descrivi il tuo stile manageriale
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GS: Cerco di trovare persone come me e, cioè, autonome perché non ho tempo per dirgli cosa devono fare. Gene Haas vuole
una squadra di F1, ma non vuole che lo chiami tutti i giorni. Si fida di me e mi lascia lavorare. Mi piacciono le persone che sanno quando chiamarmi e quando non chiamarmi. Li ascolto e li guido nella giusta direzione, ma devono prendere le proprie decisioni e può capitare di sbagliare. Sono molto diretto perché non abbiamo tempo da perdere.
TG: Sei contento del nuovo corso della F1?
GS: Sì. Se me lo avessi chiesto tre anni fa, non avrei previsto la crescita che stiamo vedendo ora. Il paddock è cambiato e adesso c’è la Commissione F1 e tutti hanno uguali diritti. Non ci dovrebbero essere cittadini di prima o di seconda classe. Certo, in F1 ci sarà sempre la politica, e penso che si possa fare politica senza necessariamente cercare un vantaggio personale.
TG: Parliamo di Netflix e della serie Drive to Survive. Sei diventato un personaggio rilevante, probabilmente più noto di alcuni piloti.
GS: Sì, lo so.
TG: La gente ti riconosce? E, com’è il tuo rapporto con i tifosi?
GS: Si, mi riconoscono più di prima, ma non sono cambiato. Chiedi alle persone con cui lavoro. Quando sono al supermercato può succedere che un tifoso mi chiede se sono davvero io. Di sicuro è un casino in aeroporto dopo un fine settimana di gara.
Tanta gente che vuole un selfie, ma questi sono tifosi e negli anni passati in NASCAR ho imparato quanto sono importanti. Ignorarli è sbagliato. Non ci vuole molto tempo per fare un selfie. Fa parte dello stile di vita della F1. Però cerco di tenere mia figlia con i piedi ben piantati a terra. Frequenta una scuola normale - non privata - e voglio che cresca con persone vere, normali.
TG: Qual è il tuo background familiare?
GS: Sono figlio di un macellaio e la mia famiglia abitava sopra il negozio, vicino a Bolzano. Mio padre è morto quando avevo 19 anni, ma mia madre ha continuato l’attività. È ancora viva, ora ha 89 anni. Mi chiama il lunedì dopo ogni gran premio per farmi un riassunto di com’è è andata la gara e io, ogni volta, le ripeto: "Mamma, ero lì, so com’è andata e che non siamo andati bene. Non ho bisogno di sentirlo anche da te.". Però, per favore, questo non scriverlo perché poi mi rimprovera.