I grandi fallimenti - Aston Martin Lagonda (1976)
Era un cumulo di stranezze per l’epoca, pura fantascienza. C’era solo un piccolo problema: non funzionava niente.
Pensate a quanti pranzi di lavoro sono stati consumati per arrivare a questo risultato. A metà degli Anni 70, Aston Martin si trovava in pessime acque dal punto di vista finanziario - ebbene sì, anche per i suoi standard stellari. Per incrementare ordini e liquidità, aveva bisogno di un’auto dal successo garantito. Così, i vertici aziendali guardarono alla reputazione di Aston come leader mondiale nel segmento delle coupé 2+2 eleganti e sportive, ma si dissero: “Bene, e se ignorassimo tutto questo e creassimo un’ingombrante limousine 4 porte?”.
Una scelta azzardata
E fu così che nacque la Lagonda Serie II: un cumulo di stranezze per l’epoca, che sviluppava tutta la sua estetica in lunghezza e con un prezzo che la collocava nel territorio delle Rolls-Royce più care. Oltre a riempire la Lagonda di pelle e lana d’agnello, Aston scelse di infarcirla di tecnologia all’avanguardia: cruscotto digitale (una novità assoluta per le auto di serie), cruise control, chiusura automatica delle porte e una quarantina di pulsanti sensibili al tocco. Il risultato? Pura fantascienza. Quando la Lagonda fu presentata per la prima volta al Salone dell’automobile di Londra del 1976, si narra che il pubblico rimase a bocca aperta: non è chiaro se per la sua tecnologia spaziale o per l’improbabile e appuntito frontale. C’era solo un piccolo problema: non funzionava niente.
"Un indicibile pasticcio"
Dopo aver presentato l’auto, gli ingegneri Aston impiegarono altri tre anni – spendendo quattro volte il budget di sviluppo originale - per cercare di capire come far funzionare tutta quella tecnologia. Il tentativo risultò fallimentare. I primi clienti scoprirono che l’elettronica delle loro tanto attese Lagonda era totalmente inaffidabile, sollevando l'interessante questione filosofica se un cruscotto digitale sia ancora un cruscotto se non si accende. I pulsanti sensibili al tocco, invece, non lo erano proprio. Lo stesso capo ingegnere della Lagonda ha poi descritto il processo di sviluppo tecnologico come “un indicibile pasticcio”. È giusto puntare in alto, ma Aston alzò un po’ troppo l’asticella
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