Cinque auto che hanno salvato un marchio
Modelli accolti non sempre con favore, ma che hanno risollevato, se non proprio salvato, il marchio
Il petrolhead difficilmente, per non dire mai, riesce a dare giudizi obiettivi: si lascia guidare dai sentimenti e tende a bocciare tutto ciò che di nuovo il mondo dell’auto propone, soprattutto quando è coinvolto il proprio marchio preferito. Capita però che i fatti gli diano torto e proprio quel modello lì, quello tanto indigesto, si rivela il “salvatore della Patria”. Il caso di scuola è quello della Porsche Cayenne. C’è chi ancora non l’ha perdonata a Porsche, che nel frattempo non solo ha raddoppiato con la Macan, ma si è persino data all’elettrico con la Taycan; eppure, se ancora oggi possiamo godere di 911 e 718, Boxster e Cayman, è grazie al tanto discusso SUV. Ci sono anche casi meno controversi, come quello della Golf e della Ferrari 355. Insomma, ogni auto caso fa storia a sé e quelli che analizziamo di seguito sono solo 5 di molti. Eccoli, in ordine alfabetico.
Audi 80
Anno 1986: il numero di auto vendute da Audi è una frazione di quelli di BMW e Mercedes e il prestigio dei Quattro Anelli, la considerazione come brand, vale altrettanto. A Ingolstadt, però, si sono messi in testa che la storia deve cambiare, che BMW e Mercedes dovranno presto o tardi fare i conti con loro; l’Audi 80 è il primo modello della riscossa. Un’auto che punta su una qualità elevatissima e su un’affidabilità inarrivabile. Nelle officine molti meccanici arrivano a dire - in verità con un po’ di fastidio - che con l’Audi 80 si possono fare 1.000 km in prima, al limitatore, “tanto non si rompe”. Il rovescio della medaglia sono prestazioni soporifere: pensate che la 1.6 a benzina non va oltre i 75 CV, mentre le due varianti della 1.8 toccano i 90 e i 112 CV. Non va molto meglio se si opta per il gasolio: il motore, prima dell’arrivo del TDI, è un 1.600 turbo da 80 CV, a iniezione indiretta di tipo meccanico. Al di là del numero di cavalli, che lascia il tempo che trova, l’importanza della 80 sta nella già citata qualità, ma anche nell’adozione diffusa della trazione quattro (quella con tre differenziali, non quella su base frizione Haldex) che farà poi la fortuna del marchio. Dal 1986 al 1994, quando viene sostituita dalla A4, l’Audi 80 conosce importantissime evoluzioni: il turbodiesel a iniezione diretta (altra carta vincente negli anni successivi), l’indimenticabile RS2 realizzata insieme a Porsche (che tra l’altro fa di Audi il brand più “station wagon oriented” dei tre tedeschi premium) e la variante cabrio.
Ferrari 355
“La 348 è una macchina di merda”: l’affermazione non è nostra ma di Luca Cordero di Montezemolo nel periodo in cui era il n°1 della Ferrari, primi anni Duemila. Ma torniamo un attimo indietro: nei primi anni Novanta il Cavallino Rampante non va piano solo in pista (dopo aver sfiorato il Mondiale nel 1990 con Prost, negli anni successivi entra in crisi nera) ma anche su strada. Il prodotto è di scarsa qualità, non è bello da guidare e fa felici solo i titolari delle officine di assistenza. Le vendite? Vanno di conseguenza. C’è bisogno di una svolta, che arriva nel 1995 con la 355. Potenza, prestazioni, piacere di guida, sicurezza, tecnologia e affidabilità: rispetto alla 348, la 355 sembra di un’era geologica differente. Il motore è un raffinato V8 3.5 con aspirazione a 5 valvole per cilindro (a comando idraulico e con alberi a camme mossi tramite cinghia), capace di 380 CV a 8.250 giri. Ad assecondarlo, un telaio e un’aerodinamica che garantiscono tempi sul giro e connessione uomo-macchina totale. Oltre a tutto ciò, la 355 è anche - se non soprattutto - un’auto davvero utilizzabile: i comandi sono messi con razionalità e non a caso all’interno dell’abitacolo, l’aria condizionata raffredda e c’è anche il servosterzo. Tutte cose normali, certo, ma non sulla 348…
Nissan Qashqai
Se oggi le strade sono letteralmente invase dai SUV, la colpa - o il merito, decidete voi - è di Nissan. No, la Casa giapponese non è stata la prima a farne uno, ma con la Qashqai ha fatto capire, ai clienti e alle altre aziende, che anche la classica auto da famiglia media come la Golf poteva avere la carrozzeria rialzata. Siamo nel 2006 e Nissan è al classico bivio: o trova il colpo di genio e si salva, oppure è destinata a passare sotto il controllo di altri. I giapponesi decidono di rischiare il tutto per tutto. Sostituire l’anonima Almera con un modello analogo non avrebbe senso. Si decide per qualcosa di nuovo, qualcosa su cui nessuno aveva scommesso e il risultato è un successo clamoroso: dopo circa 4 anni, sono 1,2 milioni le Qashqai vendute, grazie anche al monopolio di fatto sul mercato. Gli altri sono costretti a inseguire.
Porsche Cayenne
Così tanto discussa da diventare praticamente un fenomeno di costume, nel bene e nel male. Sinonimo di benessere economico o di "cafonaggine", in base ai punti di vista e al gradiente di invidia insito nell'osservatore. Per restare in Italia, si va dal personaggio del Ranzani, stereotipo del brianzolo la cui vita gira attorno al “grano”, fino all’accostamento, anche in questo caso stereotipato, del proprietario della Cayenne all’evasore fiscale. Soprattutto, questo è il modello che consente a Porsche di realizzare utili; voce che mancava da parecchio tempo, nei bilanci di Zuffenhausen. Tuttavia, ridurre il ruolo di questa macchina a quello meramente economico non sarebbe corretto. Già perché con la Cayenne si capisce per la prima volta che assetto rialzato e piacere di guida possono coesistere. Ovviamente la 911 è e deve rimanere un’altra cosa, ma se si negano le doti dinamiche della Cayenne o si è in malafede o non si è così grandi esperti di auto.
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Volkswagen si regge sulle spalle del Maggolino/Maggiolone da ormai più di trent’anni, il pubblico lo gradisce ancora, ma la concorrenza fa sentire il fiato sul collo. Urge un’erede. Mica facile però, perché dopo così tanti anni bisogna ripartire dal foglio bianco. A Wolfsburg sono ben consci del fatto che sbagliare il colpo significherebbe il tracollo dell’azienda, ma non ci sono alternative: bisogna prendere quello che si è fatto fino a quel momento e cancellarlo. Il motore? Da dietro passa davanti; con esso, la trazione ovviamente. Il design? Il “tuttotondo” lascia spazio a linee rette e spigoli vivi, frutto della mano (italiana) di Giorgetto Giugiaro. Ecco la Golf, che vede la luce nel 1974, prende subito il comando delle vendite in Europa, per lasciarlo solo a intervalli brevissimi. Un fenomeno che, a oggi, va avanti da 46 anni.