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Citroën TYPE-H elogio della semplicità

Un pezzo di storia del trasporto merci ma non solo. Ambitissimo il Citroen Type H è un mezzo assolutamente unico. Ne abbiamo pescato uno a Luzzago e ci abbiamo fatto un giro. Anzi un salto indietro nel tempo

Stefano Cordara
Pubblicato il: 05 set 2022
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1947 – 1981. Trentaquattro anni di carriera tutti di un fiato. Sempre lui, senza cambiare di una virgola. La storia del Citroën Type-H è pari se non superiore a quella delle sue famose sorelle, la 2CV e lo squalo. Un mezzo da lavoro, prima di tutto, ma anche, da esposizione da tempo libero. Con lui ci hanno fatto davvero di tutto e lo hanno fatto in tanti visto che è stato venduto in quasi 480.000 unità.

Dentro a quel cubo di metallo c’è tutta l’inventiva di monsieur Andrè. Il motore davanti, la trazione davanti, perfino lo scarico è davanti. Citroën era un fan dell’anteriore e il Type H è di fatto il primo furgone con questo tipo di trazione a larga diffusione. Del resto l’H (lettera che indicava il fatto che era l’ottavo modello in fase di studio in quel momento), derivava proprio dalla Traction Avant, da lei ereditò il motore e molti componenti. Citroën non era solo un fan della trazione anteriore, ma anche dell’ottimizzazione. Nel capitolato i progettisti ebbero infatti l’indicazione di riutilizzare la maggior parte dei componenti già prodotti per altri modelli. Al giorno d’oggi attuali parleremmo di piattaforma, nel dopoguerra era, diciamo così, una necessità. Certo, l’acciaio non mancava e nemmeno l’ispirazione ai modelli bellici. Il Citroën HY-72 che ci troviamo a provare è un monoblocco in acciaio riempito di legno. Pesa come due Tesla, per renderlo più resistente i tecnici si ispirarono all’aereo Junkers JU 52, usando lamiere ondulate, roba che non lo sfondano nemmeno le pallottole. Non ci credete? Provate a sollevare il portellone posteriore e capirete di cosa stiamo parlando quando diciamo che è fatto in acciaio.

Una vera star

Protagonista praticamente di ogni film francese, compagno d’armi della polizia d’oltremanica, amico inseparabile dei venditori ambulanti, questo furgone ha un carico di storia che pochi altri mezzi si possono permettere. Così importante che ancora oggi c’è chi ne costruisce una versione moderna su licenza. È il simbolo di un’epoca. Una lunga epoca, perché il Type-H ha viaggiato negli anni del dopoguerra, quelli dalla necessità di mobilità a basso costo; è passato per il boom economico, transitato per gli anni ‘70 atterrando negli anni ‘80. Lo hanno sostituito con il C25, ovvero il gemello del Ducato. E niente è stato più come prima.

Di fatto ancora oggi il Citroën Type-H è un oggetto ricercatissimo, dagli amatori ma non solo. Perché grazie al suo stile è diventato uno dei mezzi preferiti da chi fa catering ambulante. A Luzzago ne abbiamo trovato uno e ci abbiamo messo subito le mani sopra. Ma come, in mezzo a supercar e autentiche dame a quattro ruote voi puntate gli occhi su un furgone? Sissignore, per le altre ci sarà tempo, per il Type-H, invece, era la giornata perfetta: 37 gradi, strade della Franciacorta che sembra il centro della Francia, voglia di un pic nic. Anche perché questa versione camperizzata è se possibile ancor più rara delle altre.

è passato per il boom economico, transitato per gli anni ‘70 atterrando negli anni ‘80. Lo hanno sostituito con il C25, ovvero il gemello del Ducato. E niente è stato più come prima

Tuttoavanti

Motore davanti, dicevamo. Ma davanti proprio, nel senso che il 4 cilindri da 1911 cc e 48 cv lo hai li sotto quasi in mezzo ai sedili. Porta controvento, predellino, maniglia. Mi isso a bordo. Prima di partire me lo studio un po’, nel suo essere spartano, il Type-H mostra senza indugio tutta la genialità di chi lo ha pensato. Non due tipi qualsiasi; a firmarlo sono Flaminio Bertoni (se non lo conoscete smettete pure di leggere), e André Lefèbvre, due personaggi che a quanto pare ci sanno fare visto che dalle loro menti sono sbocciate tra le altre la 2 CV e la DS.
 

Motore davanti, dicevamo. Ma davanti proprio, nel senso che il 4 cilindri da 1911 cc e 48 cv lo hai li sotto quasi in mezzo ai sedili

Interno in legno, cucinino stufa, fornelli, armadio, WC. Con lui puoi partire e andare in vacanza oggi stesso. Ma la cosa che mi impressiona è che ancora oggi, a 57 anni da quando uscì dalla catena di montaggio, il Type-H ha porte che si chiudono con una precisione impressionante, sia quelle – con apertura controvento – che danno accesso all’abitacolo, sia quella scorrevole che apre alla zona camper. Tu le spingi e loro “clack”, si chiudono. Ho guidato auto moderne con chiusure molto meno precise.

L’abitacolo non è che sia essenziale, e nemmeno spartano. È molto ma molto di più. Di fatto non c’è nulla se non volante, tre pedali, cambio. Un cruscotto di forma allungata (come si usava ai tempi) indica velocità e conta i km (il nostro segna 54.000), il livello benzina e quello della carica della batteria (a 6V). Sotto (ma veramente sotto) c’è il termometro dell’acqua. Hai caldo? Fai scorrere il finestrino, hai ancora caldo? Apri le paratie anteriori e un getto d’aria ti sarà sparato direttamente in faccia. C’è solo quel che serve, non un bullone in più.

Al volante del Type H

Il motore si avvia in un secondo, nessuna esitazione, gira tondo come se lo avessero montato ieri. È una Citroën, originale per definizione, inutile quindi aspettarsi cose normali. Infatti, la prima è dove solitamente c’è la quarta, la seconda dove c’è la terza, la terza dove c’è la seconda. La quarta… non c’è. Le marce sono solo tre, più la retro. Che ovviamente è dove normalmente c’è la prima. Una volta trovata la quadra di questo sudoku formato leva del cambio possiamo provare a partire. Cosa che peraltro viene più semplice di quel che si creda. La frizione è un burro, lo stacco preciso, niente male davvero. E lo sterzo a ruote in movimento è tutt’altro che pesante e tutt’altro che impreciso. Tutto quindi si riduce alla perenne sfida con il cambio, soprattutto con la terza che non sincronizza benissimo e quindi richiede un minimo di malizia per non incappare in una sonora grattata ad ogni cambiata. Rapportatura? La definirei curiosa: la prima è una marcia da Trial, cortissima. Con lei fai 5 metri poi sei già in seconda, che di fatto è la marcia universale, con cui puoi anche partire e farci tutto. A meno che non arrivi a superare i cinquanta. A quel punto entra in gioco la terza. Lunghissima, infinita. Così lunga che secondo me se lo lanci in discesa sto HY-72  va più forte di una Chiron.

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Giù di giri

Il calo di giri nel passaggio tra seconda e terza è così ampio che per inserire senza grattare devi contare ogni volta fino a tre. Però il resto è tutto “normale”, o quasi. Il Type-H è uno di quei mezzi che dopo cento metri di inocula il virus della lentezza. Lo guidi è non te ne frega più niente del traffico, dell’orologio, dell’ansia da ritardo. È come entrare in un’altra dimensione. Con lui ti vien voglia di andare e basta, fermandoti quando hai fame, dormendo quando hai sonno. E poi ripartire. Senza una meta precisa. Sì, lo ammetto con questo mezzo ci girerei il mondo. Piano. Velocità ideale, 60 all’ora, perché riesci ancora a parlare con il tuo co-equipier. Se lo lanci sfiora i cento ma poi scendi frastornato perché tra il motore e i tuoi timpani c’è solo un coperchio di lamiera neppure così spessa e il motore canta non poco. Di buono però c’è che la guida è, per così dire, “moderna”. Mi aspettavo un assetto rigido come un sasso, trovo un mezzo che ha sospensioni che funzionano, che non patisce nemmeno i dossi di rallentamento e che ha una tenuta di strada che definirei sorprendente per un mezzo di quasi 60 anni. E tutto sommato va detto che un camper moderno da questo punto di vista non è così lontano.

I freni

Ehm… Quali? Quelli se li sono un po’ dimenticati. Diciamo che dovete calcolare bene le distanze e avere un polpaccio di quelli tonici. Più che frenare il Type-H rallenta, con calma. In questo caso le sue tre tonnellate le senti proprio tutte. E per frenare come si deve devi spingere come quando fai la leg press. Ma ci sta, l’ultima cosa che hai voglia di fare sono le staccate. Sì, probabilmente questo è il mezzo più lento che provato nella storia di Top Gear. Ma sapete che c’è? Non mi importa. Merci et a bientôt