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Un salto nel passato: Ferrari 575 Superamerica

Una coupé cabriolet sui generis, con un tetto per certi versi geniale e qualche piccolo neo

Testo Paul Horrell tradotto e adattato da Paolo Sardi
Pubblicato il: 16 gen 2023
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Ormai è un'auto vecchia, la Ferrari Maranello. Una tra le più vecchie tra le supercar moderne di rango. Ricordo il lancio, nel 1994. Michael Schumacher mi portò sul circuito del Gran Premio del Nürburgring. Non avrà alcun motivo di ricordarsi di me, se non forse come l'imbranato che gli ha fatto le domande più insensate che gli siano mai state poste in tutta la sua vita di risposte a domande insensate. Ma quando alla fine ho superato l'imbarazzo e ho avuto il coraggio di riascoltare il nastro, ho notato che ha fatto stridere le gomme per cinque secondi e mezzo mentre percorreva il tornante sul rettilineo dei box. E so per certo che si trattava di un'uscita quasi completamente in controsterzo. Fermati un attimo, guarda la lancetta dei secondi del tuo orologio e rievoca nella tua mente una simile derapata. Geniale. Comunque, torniamo all'età. Abbiamo testato la 550 Maranello contro auto che ormai sembrano storia antica: l'Aston Virage Vantage, la Lamborghini Diablo e la Porsche 993 Turbo. Questa è una raffreddata ad aria, ragazzi!

Questo articolo è stato pubblicato per la prima volta sul numero 142 della rivista inglese Top Gear (2005).

Immagini: Tom Salt e archivio Ferrari

Solo sei mesi fa ho avuto modo di provare la 575 Maranello equipaggiata con il pacchetto handling GTC e mi è sembrata ancora un'auto nuova di zecca: mi hanno impressionato la sua velocità spropositata, la precisione, l'equilibrio, l'aderenza e i freni quando si va a tavoletta, ma è anche un'ottima macchina per andare a passeggio. Si sentiva totalmente solida e irreprensibile. Che longevità.

Ma andare in topless in età avanzata è sempre un rischio. A meno che non siate come quei vecchietti che compiono a nuoto gesta memorabili e trovano una birra fresca al loro ritorno a riva, spogliarsi oltre la mezza età non è il massimo. Si mettono in mostra tutti i difetti del proprio corpo, legati al tempo, per farli vedere a tutti. E lo stesso vale per le auto. Mettersi in topless espone in modo sfacciato tutti i difetti della struttura sottostante. Tuttavia, ci sono auto datate che possono scoprirsi a testa alta e questa Ferrari eternamente giovane può farlo di sicuro.

Così, a poco più di un anno dalla fine della produzione, la Casa di Maranello ha generato la Superamerica. È una coupé-cabriolet, ma non come la conosciamo noi. I sentimentalisti della Ferrari come me sono stati felici di sapere che il tetto è un'invenzione di Leonardo Fioravanti. Nel pantheon dei Leo artistici, Fioravanti si colloca molto al di sopra di DiCaprio e solo un po' dietro a Da Vinci: ha lavorato per Pininfarina negli anni Sessanta e ha realizzato la Dino, la Daytona, la Boxer, la 308GTB e la 288GTO. Accdenti.

In realtà c'è solo una parte mobile, un gigantesco telaio in carbonio in cui sono incastonati due pezzi di vetro, uno per il tetto e uno per il lunotto. In sezione trasversale, questo insieme ha la forma di un bastone da passeggio. La parte semicircolare è il lunotto, quella diritta il tetto. Il tutto ruota attorno a un asse che passa per il centro fittizio del semicerchio. Così, quando è alzato, il lunotto si inarca verso l'esterno (il che, a dire il vero, ha un aspetto un po' strano), mentre quando è abbassato il vetro posteriore diventa concavo: quella che era la superficie interna ora è quella esterna.

Si tratta davvero di una soluzione ingegnosa per il tetto. Tanto per cominciare, è veloce: da chiuso, per sbloccarlo è sufficiente far oscillare una maniglia centrale e toccare un interruttore. Si solleva e torna indietro, bloccandosi silenziosamente sul cofano del bagagliaio. Per chiudere, basta premere di nuovo l'interruttore e l'operazione è così veloce da far paura, come se la mascella di un coccodrillo gigante si chiudesse su di voi. Ogni volta mi sono involontariamente (e inutilmente) abbassato. La velocità deriva dalla sua semplicità, un mondo diverso dalle geometrie bizantine delle capote delle coupé-cabrio convenzionali. Aperta, chiusa o nei movimenti intermedi, l'intera struttura si snoda ordinatamente sopra l'auto. In questo modo si ottiene tutto lo spazio per il bagagliaio e il serbatoio del carburante della 575 normale. La cosa più interessante è che il portellone del bagagliaio è incernierato coassialmente con il pannello del tetto, in modo da poterlo aprire quando il tetto è abbassato e le due cose non si toccano.

Ha un altro trucco. Il pannello principale in vetro è elettrocromico (da cui il nome Revocromico): applicando una piccola corrente può passare da semplicemente colorato a praticamente opaco. Un interruttore rotante sulla console svolge questo compito. Così, anche se è una fredda giornata invernale, potete simulare l'effetto visivo dell'apertura mantenendo una barriera di vetro tra voi e le foglie che cadono, la pioggia e i piccioni che bombardano. In estate, se non si vuole viaggiare aperti, è sufficiente premere l'interruttore su scuro per limitare l'impressione di trovarsi in una serra.

Naturalmente il sistema non è perfetto. Se si viene sorpresi dalla pioggia e non ci si può fermare per far chiudere il tetto, l'acqua si raccoglie in una specie di pozzanghera e finisce sulla testa quando lo si alza. Anche la forma dei montanti posteriori fissi crea una certa turbolenza. Il che aggiunge rumore. Ma niente per cui piangere. Inoltre, la velocità massima è ridotta: nonostante la potenza in più rispetto alla 575, quest'auto non supererà i 320 km/h. Ci vuole comunque un bel coraggio per lamentarsi.

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Come ho già detto, il tetto non è la cosa più bella del mondo quando è sollevato, ma il resto dell'auto è ancora molto bello. Quando era nuova, il mondo (me compreso) decretò che la forma della Ferrari 550 era goffa e priva di grazia. Ci sbagliavamo tutti. Appena trasformatasi nella 575, a nove anni di distanza è giunta alla sua maturità: il resto del mondo del design si è allineato al pensiero di Pininfarina. Non è bella, ma è emozionante e rigorosa. E moderna. Un'altra ragione per supporre che questa sia forse l'unica auto al mondo in grado di affrontare il topless in tarda età. L'abitacolo non vi costringe a piegarvi per entrare e uscire, e ha un aspetto classico, in grado di riscuotere approvazione dai passanti. Tutta pelle e cuciture, come se fossimo all'interno di un mocassino da guida italiano.

La Ferrari ha effettuato un'ampia opera di irrobustimento della parte inferiore della carrozzeria per compensare la perdita del tetto fisso in metallo. Questo aggiunge ovviamente peso, per un totale di 60 kg con il tetto mobile. Ma non temete, sono stati aggiunti altri 25 CV per compensare. Cinque per cento di potenza in più per tre per cento di peso in più, come potrebbero far notare quelli che si occupano di sondaggi in TV. Sì, la Superamerica ha 540 cavalli, gli stessi della 612 Scaglietti. Per quanto riguarda le prestazioni, non c'è alcuna differenza degna di nota tra la SA e la 575: entrambe fanno lo sprint da 0 a 100 km/h in 4,2 secondi, una tra le prestazioni migliori per le auto a motore anteriore.

Ma il fatto che la potenza della nuova auto arrivi proprio al limite superiore della curva di erogazione può spiegare il fatto che continuavo a incappare nel limitatore di giri. Questo motore è così fluido e desideroso di girare in alto che non sembra esserci motivo per non farlo mulinare come un pazzo. Ma a 7.500 giri si ferma. Un'ingegneria così perfetta significa anche che è quasi troppo silenzioso. Perché la Ferrari non riesce a ottenere il meraviglioso ronzio ai medi regimi del V12 Aston? Anche a pieno regime vorrei un sound più coinvolgente. E stranamente si sente di più con il tetto alzato. A tettuccio abbassato, scompare nel vento, a meno che non si prendano delle misure, come guidare in una galleria.

Torniamo alle prestazioni. Utilizzando le palette del cambio, è possibile passare in un batter d'occhio da una modalità rilassata e ricca di coppia nelle ultime tre marce a qualcosa di non lontano dalla forza bruta nei rapporti più bassi. Non si tratta di una violenza incontrollabile, perché il pedale dell'acceleratore è preciso e ha una corsa lunga, ma è comunque una veemenza che sorprende. Anche la trazione è eccellente, anche più di quanto un pneumatico 305/30 19 possa far pensare, segno del fatto che la distribuzione dei pesi che carica un po' il posteriore ha il suo effetto.

L'auto in prova aveva il pacchetto handling GTC opzionale. Parte del pacchetto - che costa quanto una Golf GTI, per cui si vorrebbe qualcosa di molto speciale - è un set di dischi carboceramici Brembo. Se si supera la sensazione di pedale un po' morto, si ottiene una potenza di arresto che fa venire le lacrime agli occhi.

Eppure su quest'auto non era così sorprendente come su quella coupé. La differenza sta probabilmente negli pneumatici: la 575 Maranello GTC montava una gomma Pirelli P Zero Corsa che si consumano da un paesino all'altro, ma che danno un'aderenza impressionante durante la loro breve e gloriosa vita. Le Bridgestone qui si guidano in modo molto più confortevole ma, anche se mi duole dirlo, la maneggevolezza è peggiorata, anche se non è facile capire se sia colpa degli pneumatici o (più probabilmente) della leggera flessione della carrozzeria. Il controllo e l'equilibrio sono ancora eccezionali. L'auto fa quello che le si dice, anche quando le si fanno richieste del tutto irragionevoli. In altre parole, è ancora un'auto molto, molto buona da guidare in maniera sportiva.

Ma c'è qualcosa che non rende in maniera definitiva una grande macchina. È come se il braccio fosse stato sottoposto a un'anestesia poche ore fa e l'effetto non si fosse ancora del tutto esaurito. Rispetto alla coupé, lo sterzo si è un po' intorpidito. Ci si affida ad esso con la mente, non con il cuore e l'anima. Inoltre, non risponde con la stessa precisione di un rasoio. E se si alza la capote non basta a far tornare la magia, nemmeno con gli ammortizzatori adattivi in Sport. Poi ci sono gli scuotimenti della carrozzeria. I tremolii del piantone dello sterzo. I cinguettii di diverse parti dell'abitacolo che si scontrano l'una con l'altra. Non influisce sul comfort, ma fa sentire l'auto un po' stanca. Soprattutto se confrontata con la solidità e la precisione quasi ineguagliabili di tutte le altre Ferrari che l'azienda ha oggi sul mercato.

Il nome Superamerica non è privo di significato. La maggior parte sarà destinata all'America, che è comunque il principale mercato della Ferrari. E negli anni Cinquanta e Sessanta la Ferrari ha prodotto sontuose GT con lo stesso nome. Si tratta di un'edizione limitata a 559 esemplari. Alla Ferrari piace chiudere le edizioni con un 9; questo si lega all'affermazione che ne producono sempre una in meno di quelle che potrebbero vendere. Per questa edizione, dopo averla mostrata ad alcuni "amici speciali", hanno calcolato che avrebbero ricevuto più di 550 ordini ma meno di 600.

Posso immaginare di guidare la Superamerica laggiù. È un'ottima macchina da crociera, senza dubbio utile per portare le mazze da golf da Beverley Hills a Palm Springs... anche se, se avessi una liquidità di quella portata, probabilmente sarebbe l'ultimo stile di vita che sceglierei. Ciononostante, quest'auto fa una gran scena, se è questo che vi piace, ed è sicura anche con il tetto alzato. Inoltre, come qualsiasi altra vettura della gamma di Maranello, si può immaginare di usarla tutti i giorni.

Questo tetto troverà sicuramente la sua giusta collocazione un giorno, ma su un'auto progettata in modo adeguato e non adattata. La Superamerica è una cabriolet sensazionale, ma non una grande auto sportiva come la 575. Per questo oggi mi sento un po' triste. La 575 ha fatto lo strip troppo tardi. È tornata a nuoto verso la terraferma solo per scoprire che avevano già finito la sua pinta.