I grandi fallimenti - McLaren X1
Dieci anni fa a Pebble Beach sfilava una tre le one-off più discusse - e discutibili - degli ultimi anni
Ti svegli con un bagliore, qualcosa che lampeggia con una luce fredda. "Dove sono? Come sono arrivato qui?". Una sedia dura. Una stanza non conosciuta, Fredda e spoglia. Il ronzio dell'aria condizionata. Una fila di banchi bianchi, ciascuno con una fila ordinata di matite e un blocco di fogli bianchi. Uno studio di design. Davanti hai un pannello di sughero, con puntate delle foto. Con cautela ti alzi e ti muovi verso di loro. Una moodboard.
Gli occhi sono infastiditi dalla luce e tu li socchiudi per osservare meglio le foto.
Un orologio, art déco, Un grosso pianoforte, una foto in bianco e nero di Audrey Hepburn. Una melanzana.
Involontariamente rabbrividisci. Quale mente malata potrebbe accostare queste immagini così discordanti per dare vita a qualcosa? Che sorta di Frankenstein verrebbe fuori? A quale tremendo scopo potrebbe servire tutto questo?
Un soffio pneumatico. Alle tue spalle si apre una porta. La attraversi, come cedendo al richiamo di una forza superiore. Più avanti c'è un corridoio. Bianco, vuoto. Ci sono porte su entrambi i lati. Tu provi ad aprirle una dopo l'altra. Chiusa. Chiusa. Chiusa.
Alla fine, un click. La porta si apre leggermente. Una specie di cella. E all'interno, molto peggio di quanto avessi immaginato, il raccapricciante risultato dell'esperimento genetico. Il fenomeno da baraccone vittoriano. Si, ha il logo McLaren, ma è diversa da qualsiasi altra McLaren tu abbia mai visto Diversa da qualsiasi altra auto tu abbia mai visto. Provi a urlare, ma dalla tua bocca non esce alcun suono. Che cosa è questa cosa? Un sogno? Un incubo? No, non sei così fortunato, è qualcosa di reale. È la McLaren X1.
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