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La Porsche Cayenne? Avrebbe potuto essere una Mercedes e invece...

La best-seller di Zuffenhausen compirà 20 anni a settembre. Ripercorriamo la sua genesi tra dati storici e aneddoti vari

Top Gear Team
Pubblicato il: 14 giu 2022
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La diagnosi fu impietosa: senza un repentino cambio delle proprie "abitudini", il paziente Porsche ci avrebbe lasciato penne. Erano più o meno queste le conclusioni di uno studio sullo stato di salute della Casa di Zuffenhausen, richiesto attorno alla metà degli anni Novanta dall'allora capo dell'area commerciale, Hans Riedel. La Porsche veniva da un periodo di crisi profonda. Per dare una misura del problema, nel 1992 il bilancio aveva registrato una perdita di 240 milioni di Marchi, con le vendite che si erano fermate a 23.060 vetture. Qualche primo miglioramento della situazione arrivò con la riorganizzazione della produzione e una semplificazione della burocrazia interna, ma era chiaro come il lancio della Boxster non sarebbe bastato a regalare all'Azienda un futuro sereno.

Ricomincio da tre

La Porsche decise dunque di gettare il cuore oltre l'ostacolo e di ampliare la gamma con un terzo modello. I progetti presi in esame furono cinque, tre subito scartati e due mandati al ballottaggio finale. Si trattava di un minivan, sponsorizzato dalla filiale USA, e di un SUV dal taglio sportivo, uscito infine vincitore dal testa a testa. La Porsche non aveva però fondi sufficienti per realizzare internamente un modello ex novo. I vertici cercarono quindi un partner per abbattere le spese e lo trovarono nella Mercedes, che stava sviluppando la Classe M. La Porsche avrebbe potuto partire da quella base tecnica per creare una propria vettura dal taglio più sportivo. L'intesa con quelli della Stella finì però presto, spingendo la gli uomini di Zuffenhausen a bussare ad altre porte. La Porsche presentò così la sua idea alla Volkswagen, che all'epoca non faceva ancora parte dello stesso gruppo. Ferdinand Piëch, Presidente del Consiglio di Amministrazione della Volkswagen e nipote del fondatore della Porsche, Ferdinand Porsche, fiutò subito l'affare: una macchina così avrebbe fatto comodo anche a VW.

Gioco di squadra

Le basi dell'accordo per dar vita a un progetto comune furono gettate nel giugno del 1997 e l'operazione fu battezzata "Colorado". Alla Porsche fu assegnato il compito di occuparsi della piattaforma e dello sviluppo, mentre alla Volkswagen fu affidata la produzione. Nel progetto erano previste parti comuni, come le porte, e altre molto simili, come parte degli arredi, mentre ciascun costruttore avrebbe realizzato in proprio i motori e l'assetto. Per tirare fuori il meglio dai suoi progettisti, in Porsche ebbero un'idea originale. Acquistarono una piccola flotta di BMW X5, Ford Explorer, Jeep Grand Cherokee Mercedes Classe M e obbligarono i loro progettisti a usare a rotazione queste vetture come auto aziendali, al posto delle solite 911 per capire come creare un prodotto migliore, con il tipico DNA del marchio.

Un successo clamoroso

Nel settembre del 2002 la Porsche Cayenne fu presentata al Salone di Parigi, prima Porsche delle storia dotata di cinque posti. Nonostante le aspre critiche da parte dei porschisti più tradizionalisti, le vendite superarono in breve le più rosee aspettative. I vertici avevano ipotizzato di consegnare 25.000 esemplari di Cayenne all'anno. La prima generazione chiuse invece la carriera con 276.652 esemplari venduti in circa otto anni, ovvero con una media di circa 35.000 vetture all'anno. Da allora i volumi sono cresciuti stabilmente. Nel 2020 è stata consegnata la milionesima Cayenne attualmente in listino c'è la terza generazione, che viaggia a gonfie vele al ritmo di 80.000 vetture all'anno. Ormai anche gli scettici della prima ora hanno in simpatia la Cayenne: sanno bene che è lei a guadagnare i soldi per sviluppare la loro amata 911...

 

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