Ricordiamo il grande Marcello Gandini, scomparso all'età di 85 anni
Gandini non era solo un designer, ma un mago, e ci lascia un'eredità incredibile
Il lavoro di Marcello Gandini ha affascinato e ispirato un'intera generazione. Durante il suo periodo di massimo splendore, il leggendario designer torinese è stato responsabile di una serie incredibili di concept car e auto di serie, tra cui l'Alfa Romeo Carabo e Montreal, la Lancia Stratos Zero, la Maserati Khamsin, la Ferrari 308 GT4 Dino e Rainbow, la Fiat X1/9 e, naturalmente, diverse Lamborghini: Bravo, Miura, Marzal, Espada, Urraco, Diablo e Countach.
Si ritiene che la Miura sia stata la prima "supercar". Ma è la Countach che rimane forse l'auto più affascinante mai realizzata, l'impossibile divenuto realtà. Gandini non era solo un designer, era un mago. Forse anche una sorta di alchimista, capace di prendere materiali base e creare qualcosa di talmente superiore alla somma delle sue parti da risultare a malapena credibile.
Nato nel 1938, figlio di un direttore d'orchestra, ha frequentato il liceo classico a Torino. "Mi rifiutavo di suonare il pianoforte perché ero costretto a farlo quando tutti gli altri erano fuori a giocare", mi disse quando trascorsi una giornata con lui nel giugno 2021. "Ma ho ancora qui il pianoforte di mio padre".
La sua prima incursione nel mondo del design delle auto avvenne quando rielaborò la OSCA 1500 di un amico per una cronoscalata. Utilizzò del fil di ferro, una rete metallica come quella di un pollaio, dimostrando una delle qualità che lo rendevano così speciale: non era solo un artista, ma anche un risolutore di problemi, un ingegnere e un improvvisatore, senza paura di sporcarsi le mani.
“Sono nato per fare il progettista di oggetti meccanici. Ma all’epoca era impossibile vivere di questo. Mi piacevano le auto nel senso che mi piaceva farle andare forte, non per la loro forma. Se vuoi costruire un oggetto devi prima sapere a che cosa serve. Altrimenti come puoi progettarlo? Non si può separare il design dalla progettazione meccanica”.
La sua ascesa iniziò quando fu assunto da Nuccio Bertone nel 1965, dopo la partenza del suo predecessore, Giorgetto Giugiaro. Un duo dal talento prodigioso, nati nel 1938 l'uno a due settimane di distanza dall'altro, in seguito si sarebbero scatenati in una delle più grandi rivalità creative del nostro tempo.
La paternità della Lamborghini Miura è forse il più grande mistero del mondo automobilistico. Giugiaro iniziò il progetto, ma fu Gandini a dare vita alla Miura, creando così l'auto che molti definiscono la più bella mai realizzata.
È divertente notare che non si tratta di un'opinione condivisa da Gandini. "Non è più di mio gusto. Quando ho progettato la Miura, per me e Bertone era importante fare qualcosa di nuovo che fosse accettabile per tutti", mi disse. "La Miura era aggressiva ma aveva un qualcosa di morbido, era più facilmente assimilabile perché si inseriva nella tradizione delle grandi auto sportive degli anni Cinquanta e Sessanta. Era l'inizio della mia carriera, quindi ero molto prudente. Ma dopo di lei ho deciso di fare qualcosa di totalmente diverso... La Countach, nel bene e nel male, è ancora piacevole da guardare 50 anni dopo, mentre la Miura mi infastidisce un po'".
È importante notare che lo studio di Gandini non era solo una fabbrica di sogni. La BMW Serie 5 originale (E12) è stata realizzata da Gandini (in collaborazione con l'allora capo del design dell'azienda, Paul Bracq), prendendo spunto dalla concept car Garmisch, andata perduta nel 1970 e resuscitata da BMW in omaggio a Gandini per il Concorso d'Eleganza di Villa d'Este del 2019.
Poi ci sono state l'Autobianchi A112, la Citroën BX, la Renault 5 (Supercinq), la Fiat 132 e un importante lavoro di consulenza sulla prima Volkswagen Polo. Ma la firma di Gandini è proprio l'abbraccio con il cuneo, una forma geometrica che continuerà negli anni Novanta su vetture come la poco apprezzata Cizeta-Moroder V16T, la Bugatti EB110 e la Maserati Quattroporte. Forse a questo punto contava più la dura legge dei profitti, ma poco importava.
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Gandini si era ormai cimentato in altri campi. Diceva di essere frustrato dalla mancanza di visione dell'industria automobilistica. E diventava irascibile se la conversazione si soffermava troppo a lungo sul suo lavoro. Era vecchio e fragile, ma era la promessa del futuro a sostenerlo, non le glorie del passato.
“Quando sei giovane la cosa più importante è lavorare per poter mangiare”, mi disse. "Io dovevo tirare su i soldi per mangiare ogni giorno disegnando auto e quindi in questo senso ho avuto un certo successo. Per quanto riguarda lo stile, è un dato di fatto che bisogna creare emozioni. Senza di esse un'auto è inutile".
La redazione di Top Gear porge le condoglianze alla famiglia Gandini e saluta uno dei più grandi geni del nostro tempo.