Guida
Com'è da guidare?
Andiamo in pista e saltiamo a bordo di una macchina con le vistose strisce del pacchetto Assetto Fiorano. Non mi convince del tutto perché costa 30.000 euro e fa risparmiare soltanto una dozzina di chili rispetto ai 1.470 kg dichiarati a secco, buona parte dei quali dovuti alla copertura del motore in Lexan. Anche i 10 kg di carico verticale assicurati all'anteriore dai deflettori piazzati davanti alle ruote sulla carta non sono una gran cosa. I due vantaggi principali, se vogliamo considerarli tali, sono gli ammortizzatori Multimatic e gli pneumatici Michelin Cup 2R, al posto dei PS4S.
La 296 GTB con i suoi 830 CV è abbastanza potente da macinare un set di gomme supersoft da F1, figuriamoci qualsiasi cosa vagamente omologata. Al circuito Monteblanco le auto generano così tanto carico verticale che sbriciolano l'asfalto e sparano le sue particelle alle spalle, tanto che la mia 296 monta un paio di paraspruzzi dietro le ruote e ha pure una pellicola che protegge il parabrezza.
Inizio la prova nella modalità Race e mi godo i freni, gli inserimenti in curva, l'aderenza. La macchina sembra sapere come comportarsi in pista, tanto nei curvoni quanto nei rampini. La potenza sembra però come imbrigliata in uscita dalle curve e, così decido di disattivare il controllo di trazione. Oh. My. God! Race era uno scudo protettivo. Ora tutto comincia a muoversi, specie la coda, mentre l'avantreno rimane sincero e affidabile. Tutto resta comunque sotto controllo e in sicurezza. Le ruote si allontanano dalla traettoria solo quanto basta per ricordare che 830 CV possono rendere una macchina molto, molto veloce. 0-100 in 2,9 secondi e 0-200 in 7,3 secondi. Può bastare, direi.
La 296 è gestibile, nonostante questi valori assurdi e una tenuta esagerata. Sembra docile e obbediente, mentre danza tra le curve con precisione. Ti stuzzica, ti spinge a osare di più, gratificandoti quando lo fai. I freni sono stupefacenti non solo per la loro potenza ma anche per come aiutano a controllare la macchina. È un sistema brake by wire, capace di intervenire su ogni singola ruota e ciò rende l'auto più stabile e omogenea nelle reazioni quando freni con le ruote sterzate. Ciò significa anche che i freni posteriori sono azionati con maggior vigore quando serve. Nella prova 200-0 lo spazio di arresto si riduce del 9%, con la macchina che si accuccia a terra, senza scaricare troppo il posteriore.
Come va su strada?
Se usi i freni in modo delicato puoi sentire che la frenata non è così vellutata, quasi intermittente. Ma è una sottigliezza, te ne accorgi quasi di più quando i freni li rilasci che non quando li azioni. E Ferrari ha rimediato anche ai problemi di corsa troppo corta del pedale riscontrati con la SF90.
Dall'altra parte, la 296 va forte senza sforzo apparente. Intendiamoci: in questo sono brave anche tante altre auto, che però richiedono più impegno ed esperienza. Non è questo il caso. Questa Ferrari resta una macchina tutto sommato semplice e intuitiva.
Ciò che impressiona è poi la grande naturalezza con cui avviene tutto, ispirando confidenza e facendo sentire il pilota a proprio agio. Non è questione di dolcezza o di silenziosità. L'ibrido della 296 GTB sa fondere in modo magistrale due sorgenti di energia all'apparenza incompatibili: l'esplosione del carburante e il movimento degli elettroni. La curva di erogazione mette invece d'accordo la coppia immediata e l'allungo imperioso. Anche in modalità ibrida non si sente alcun passaggio di consegne tra i motori.
Ferrari ha mai fatto un ibrido migliore?
No, mai. La parte elettrica funziona bene proprio come sulla SF90, ma la trazione integrale in quel caso crea qualche problema, perché non sai bene dove verrà scaricata la potenza e cosa potrebbe accadere. È una fionda con le ruote, ma non sempre prevedibile. Senza la complessità di un sistema 4WD, la 296 è più sincera. E la capacità di far muovere l'auto in modo silenzioso e vellutato nelle aree urbane è davvero tanta roba.
È così immediata e convincente come una 458?
La 458 era stata un'auto memorabile, oltre che l'ultima Ferrari il cui nome fondeva cilindrata e numero dei cilindri. Anche questa lo fa, o quasi, perché è più vicina a 3.0 che non a 2.9. Si fosse chiamata 306 sarebbe sembrata però più una Peugeot.
In ogni caso la 296 non ha la stessa veemenza e la rabbia tipiche del V8 aspirato della 458, ma utilizza i turbo e il motore elettrico per rendere più tondo il V6 invece che per incattivirlo. La risposta all'acceleratore pare davvero naturale.