SPECIFICHE IN EVIDENZA
- MOTORE
1.6 turbobenzina
- POTENZA
147 CV
- 0-100
10,1 secondi
- C02
168 g/km
Sul mondo europeo dell'auto continua ad aleggiare lo spauracchio dell'invasione cinese. Numeri alla mano, il fenomeno non appare ancora davvero preoccupante, ma una cosa è certa: i marchi nati all'ombra della Grande Muraglia che si affacciano nel Vecchio Continente sono sempre più numerosi. Tra gli ultimi ingressi c’è quello di Omoda, brand patinato e modaiolo del gruppo cinese Chery, che ha scelto di debuttare in Italia con la 5, o “five” che dir si voglia.
Punta dritto al portafogli
Neanche a dirlo, si tratta dell'ennesima proposta che si getta nel ricco segmento C-SUV, una torta di cui tutti sembrano volere la loro brava fettina. Per farsi largo in mezzo a una concorrenza tanto spietata la Omoda 5 veste i panni di macchina da famiglia senza tanti grilli per la testa, che ammicca al pubblico con un buon rapporto tra equipaggiamenti e prezzo. Nella dotazione di serie della versione Premium ci sono infatti tra le altre cose uno stereo Sony con otto altoparlanti, il tetto apribile e telecamere che offrono una visuale a 360 gradi, tutta roba non scontata su un’auto da meno di 30.000 euro, così come non lo è la garanzia di 7 anni o 160.000 km.
Venga, dotto'!
Ma come è fatta di preciso 'sta benedetta Omoda 5? È una crossover lunga 437 cm e caratterizzata da un look grintosetto. A rendere atletica la linea sono in particolare il taglio obliquo della fiancata, il tetto spiovente e lo spoiler che sovrasta il lunotto inclinato. Sono soluzioni di grande effetto ma poco pratiche, dato che limitano la visibilità posteriore e costringono ad affidarsi a sensori e telecamere quando si fa in manovra in retromarcia. Molto originale è anche la mascherina a nido d’ape, che si estende per tutta la larghezza del frontale. I fari sono sdoppiati, con sottili luci diurne a LED e gruppi ottici più grandi sistemati ai lati.
Il digitale che avanza
A livello di arredi, nell'abitacolo si fanno notare subito i sedili anteriori riscaldabili, ventilati e con poggiatesta integrato. A contendere loro gli sguardi sono la plancia e il mobiletto centrale. Sulla prima spicca un pannello che ingloba due schermi da 12,4 pollici, uno per la strumentazione e uno per l’infotainment. La prima non brilla per leggibilità, mentre il touch screen, che assicura la connettività wireless con Apple CarPlay e Android Auto, è migliorabile per reattività al tocco e per facilità d’utilizzo. Restando in zona si può notare come al centro sia sparita la classica leva del cambio, rimpiazzata da una levetta che spunta a destra del piantone dello sterzo.
Una bella sensazione
Una volta al posto di guida si scopre come le regolazioni del sedile siano meno ampie del previsto, ma la cosa rappresenta un problema relativo. Alla fine dei conti chiunque riesce a trovare una sistemazione adeguata, avendo ogni cosa a portata di mano. Dando una palpatina a destra e una a manca si trovano componenti tutto sommato ben fatti. Molti pezzi sono morbidi al tatto e assemblati con buona precisione. Pure sul divano si gode di una buona sistemazione mentre il bagagliaio, al di là dei 360 litri dichiarati, sembra un po’ piccino in rapporto alle dimensioni della carrozzeria.
Carattere tranquillo
Quando poi iniziano a girare le ruote è il motore a finire sotto i riflettori. Il 1.600 turbobenzina prodotto da Acteco, che gravita a sua volta nell'orbita Chery, sfodera subito una certa prontezza ai bassi. Non a caso la scheda tecnica parla di una coppia massima di 275 Nm costanti tra i 1.750 e i 2.750 giri. La vivacità non viene meno ai regimi intermedi, mentre in allungo il quattro cilindri mostra un po' di fiato corto. Inutile insomma selezionare la modalità Sport (che l’assistente vocale annuncia perentoriamente come “esse-pi-o-erre-ti”) e men che meno attivare il tasto Super Mode, che fa uscire dalle casse dello stereo un rombo artificiale a dir poco improbabile. Meglio darsi una calmata, impostare Eco (“e-ci-o”) e provare a far scendere un po’ i consumi, discreti e nulla più. Al di là del look, d’altro canto, la 5 ha in fondo un’indole tranquilla e lo dimostra anche il fatto che il cambio automatico sia privo di una funzione sequenziale per la selezione manuale delle marce. A completare il quadro sono uno sterzo lento e poco preciso e la taratura delle sospensioni, che pensa più ad assorbire le buche che a mantenere l’assetto controllato tra le curve.
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