SPECIFICHE IN EVIDENZA
- MOTORE
1.2 benzina + 1 elettrico
- POTENZA
83 CV
- 0-100
12,5 secondi
- C02
98 - 104 g/km
Nel mondo dell’auto c’è da tempo un’epidemia dilagante di gigantismo. A destra e a manca spuntano infatti come funghi modelli che lamentano - come direbbe Wikipedia - “un eccessivo accrescimento somatico delle strutture”. Tra le poche Case che paiono immuni c’è la Suzuki, che lancia sul mercato la quarta generazione della Swift di questo millennio rispettando una filosofia minimalista annunciata tempo fa. A Hamamatsu professano da tempo che l’auto ideale debba essere “smaller, fewer, lighter, shorter, and neater”, ovvero “più piccola, più essenziale, più leggera, più corta e più curata”. E le nuova arrivata segue la regola con la dedizione del bravo samurai.
Un vero peso piuma
Ci sono due numeri che spiegano bene di che pasta sia fatta la nuova Suzuki Swift. Il primo è 386, ovvero i centimetri di lunghezza, praticamente gli stessi del modello uscente. Il secondo è 994 e stavolta parlo - udite! udite! - di chili. Già, perché questo è il peso in ordine di marcia - con pure il conducente a bordo - della nuova Suzuki Swift nella versione a trazione anteriore e a cambio manuale protagonista di questa prova. Si tratta di un dato che esprime una sostenibilità ben più concreta di quella sbandierata da tanti mega SUV elettrificati e che innesca un circolo virtuoso su cui tornerò però più avanti. Prima vi accompagno a fare un giro attorno alla macchina, che, per la cronaca, si può avere anche con trazione integrale, cosa più unica che rara nel segmento B (24.500 euro), o a cambio automatico CVT con tanto di palette al volante (24.000 euro).
Cambia tutto
Venendo all’estetica, la Suzuki Swift mantiene alcuni tratti del modello uscente, come il cofano ben definito e il piccolo parabrezza più verticale della norma. Osservando bene si nota però come i lamierati siano tutti nuovi e facciano sembrare il tetto sospeso sull’abitacolo. Sono forme che possono apparire più eleganti o più sportive a seconda della colorazione scelta tra le quattro con il padiglione in contrasto e le sette monocolore. Tra i segni particolari vanno annotati i gruppi ottici, con una firma luminosa a L nel frontale e un suggestivo effetto 3D in coda.
Digitale ma non troppo
I designer sono ripartiti da zero anche per l’abitacolo. La plancia e i pannelli delle porte alternano il nero e il grigio per dare un’aria raffinata all’ambiente. La console centrale è angolata di 8 gradi verso il guidatore e ospita il touchscreen da 9” dell’infotainment con connettività Apple CarPlay e Android Auto via Wi-Fi e USB. Ci sono poi altre due buone notizie: la strumentazione analogica è ben leggibile e il climatizzatore automatico continua ad avere tasti fisici dedicati. Quanto alle finiture, le plastiche rigide abbondano ma tutto pare ben fatto.
Piccola fuori, grandicella dentro
Pollice alto anche per l’abitabilità, che definirei quasi sorprendente in rapporto alle dimensioni della carrozzeria. Il posto di guida propone una valida triangolazione tra seduta, volante e pedaliera e lascia tutti i comandi a portata di mano. Neanche i passeggeri posteriori se la passano male con uno spazio adeguato per le gambe e centimetri in abbondanza sopra la testa. Il tutto peraltro con ancora alle spalle un onestissimo bagagliaio da 265 litri, che ha la sola colpa di avere un gradino importante tra la soglia e il piano d’appoggio.
Ricomincio da tre (cilindri)
La novità principale della nuova Swift è però ben nascosta sotto il cofano. Si tratta del nuovo motore tre cilindri 1.2 Dualjet abbinato a un modulo mild hybrid 12V con una piccola unità elettrica ISG che sviluppa una potenza di 2,3 kW e una coppia di ben 60 Nm. Proprio il motore reclama il ruolo di protagonista della prova sin dalle prime battute, sfoggiando. una buona vivacità già ai bassi regimi. Avvicinandosi ai 2.000 giri la spinta diventa consistente e permette di riprendere spesso senza dover far ricorso al peraltro ottimo cambio. In progressione, invece, la corretta spaziatura delle marce permette di viaggiare spesso nella fascia di erogazione più favorevole.
La gentilezza paga
Volendo si possono anche tirare allo spasimo le marce, ma si capisce presto come questa scelta sia la migliore. Da un certo punto in poi il rumore - altrimenti ovattato - inizia a farsi più forte dell’impulso in avanti e suggerisce di placare i bollenti spiriti. Le prestazioni sono oneste, intendiamoci, ma più che dei 12,5 secondi dichiarati per lo 0-100 preferisco raccontarvi dei 23 km/litro percorsi di media guidando con piede felpato su un percorso extraurbano nella semi-deserta campagna francese.
Il segreto? Un perfetto peso-forma
In questo mio girovagare oltralpe sono rimasto colpito anche dalla notevole agilità della Suzukina. Il diametro di sterzata contenuto consente di muoversi con grande disinvoltura negli spazi stretti. Quando poi gli orizzonti si allargano e le curve incalzano la nuova Suzuki Swift rivela un dinamismo invidiabile, dimostrando una volta di più come una massa contenuta sia la scelta giusta per rendere la guida coinvolgente e piacevole. Grazie anche a un assetto ben controllato e un aumento del diametro della barra stabilizzatrice, la Swift si inserisce in traiettoria rapidamente e mantiene la linea impostata con precisione, senza coricarsi troppo sulle ruote esterne o scomporsi in caso di rilasci improvvisi o di brusche correzioni. Il rovescio della medaglia? C'è ancora qualche contraccolpo sullo sconnesso, nonostante i tecnici abbiano aumentato l’escursione delle ruote posteriori proprio per aumentare il comfort.
Fa da sé
Da ultimo mi sembra giusto spendere due parole per la dotazione di serie. Suzuki Italia propone la Swift nel solo allestimento Top, un nome che trova poi riscontro in un equipaggiamento molto completo. Standard sono tra le altre cose i cerchi in lega da 16 pollici, i sedili riscaldabili, i vetri posteriori privacy e la chiave elettronica oltre a un pacchetto di sistemi di assistenza alla guida degno di auto di categoria superiore. Tra i vari ADAS ho apprezzato soprattutto il cruise control adattivo e sistema di mantenimento di corsia mi sono parsi davvero ben calibrati, tanto dolci quanto efficaci pure lontano dal loro ambito d’impiego ideale, quello delle autostrade. Abbastanza molesto è invece il Traffic Sign Recognition (TSR) - “Occhioallimite”, molto solerte e insistente nel bippare al minimo superamento dei limiti incontrati sulla strada.
Leggi anhce: Suzuki eVX: sarà davvero così il primo SUV elettrico di Hamamatsu?
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