Alfa Romeo Duetto, un pezzo di storia italiana
Si è fatta amare - e ammirare - dall’Italia fino a Hollywood, alimentando la leggenda del Biscione negli USA
Se Alfa Romeo è ciò che è, ancora oggi nonostante decenni di (pochi) alti e (molti) bassi, buona parte del merito è della 1.600 Spider, uno dei modelli più rappresentativi della sua storia, una di quelle che auto hanno contribuito a creare, consolidare e diffondere il mito del Biscione in giro per il mondo. Il bello è che come 1.600 Spider la conoscono in pochi: per tutti è semplicemente il Duetto. Nome a cui in Alfa Romeo hanno dovuto rinunciare per motivi di diritti d’autore, ma che subito si è appiccicato addosso a questa auto. Per non lasciarla mai più.
A renderla famosa, oltre alle doti del motore e del telaio, sono anche la apparizioni in pellicole di prim’ordine; “Il Laureato” di Mike Nichols del 1967, per esempio, in cui la guida un giovanissimo Dustin Hoffman. Tuttavia, senza un design emozionante non si va da nessuna parte e in questo ambito gli italiani - oggi come allora - hanno poco da imparare. Per cucire un vestito attraente e attillato alla meccanica della Duetto, in Alfa Romeo si rivolgono al meglio disponibile sul mercato: Pininfarina. Nello specifico, le linee della carrozzeria sono frutto della matita di Franco Martinengo, con Battista Farina a sovrintendere, e il risultato è entusiasmante, anche oggi a distanza di oltre mezzo secolo. La prima generazione di Duetto, soprannominata ”Osso di seppia"per la forma arrotondata della sua carrozzeria, sia davanti sia dietro, è uno quei dei rari esempi capaci di mettere d’accordo tutti. In positivo ovviamente.
L’importanza delle economie di scala, già negli anni Sessanta
La condivisione dei pianali, delle sospensioni, dei motori e dei cambi non è certo materia dei giorni nostri. Le auto si producono per guadagnare denaro, non per la gloria, negli anni Venti del Duemila così come nei Sessanta del secolo scorso. Per questo motivo, gli ingegneri Alfa Romeo utilizzano per il Duetto il pianale della Giulia, accorciandone il passo e irrobustendone le zone indebolite dalla rimozione del tetto. A dare anima a tutto ciò, e da sempre vero protagonista di ogni Alfa Romeo, è il motore: un 1.600 4 cilindri alimentato a dovere da due carburatori doppio corpo, segno distintivo dei motori della Casa milanese, insieme alla distribuzione a doppio albero in testa.
E non fate l’errore di sottovalutare i “soli” 109 CV di potenza, perché se la dovevano vedere con appena 900 kg (a secco) di peso del Duetto, senza contare che all’epoca non c’erano le (sacrosante, per carità) “strozzature” dei dispositivi anti inquinamento. Risultato: 185 km/h di velocità massima e 7,9 kg/CV come rapporto peso/potenza. Nel 1968, questo 1.600 viene rimpiazzato dal più grande 1.779 della 1750 Spider Veloce. Sempre nel 1968 arriva anche il più piccolo 1.300 da 89 CV della Spider 1.300 Junior. Nel 1969, invece, è già il turno della "coda tronca”, la seconda versione del Duetto.
Ogni generazione ha un nomignolo proprio
Già, i soprannomi. In 28 anni di commercializzazione, questa auto non solo è passata alla storia con un nome che non è il suo - Duetto, appunto - ma ha anche collezionato un nickname per ogni edizione. Dopo la "Osso di Seppia" arriva la "Coda Tronca", del 1969, così chiamata per la forma "tagliata" del suo posteriore. A proposito di questa edizione, la lunghezza cala da 4,25 a 4,12 metri, il bagagliaio diventa più ampio e il parabrezza più inclinato. Il motore? 2.0 da 132 CV, depotenziato nel 1975 a 128 CV. La velocità è superiore ai 190 km/h e tra gli optional è finalmente a richiesta si può avere il differenziale autobloccante. Nel 1980 vengono introdotti l'iniezione meccanica e il variatore di fase, per la versione destinata al mercato americano. La gamma si completa con la 1600 del 1971, con la 1600 Junior del 1972 e la 1600 Veloce del 1980.
La “Aerodinamica” e l'ultima versione
Dopo la "Coda Tronca" viene la “Aerodinamica”, che si distingue per la plastica nera sul muso e, soprattutto, per la coda: esteticamente, per molti, questo è il Duetto meno riuscito. Il motivo? Le plastiche nere sanno molto di posticcio. Nulla da dire sul motore, un 2 litri con testa e canne in alluminio, distribuzione a doppio albero con comando a catena e iniezione meccanica Bosch. Questo Duetto conta su quattro freni a disco e le sospensioni sono a ruote indipendenti davanti e a ponte al posteriore.
La quarta nonché ultima versione, anno 1990, torna a un design più pulito: eliminati tutti i profili neri e gli spigoli della "Aerodinamica", questo Duetto appare come una reinterpretazione moderna delle rotondità della "Osso di Seppia". I motori sono un 1.600 e un 2.000 da 109 e 126 CV, mentre dal 1992 la gamma si restringe al 2 litri da 120 CV, catalizzato.
Il Duetto esce di scena nel 1994, dopo 28 anni di carriera. L’ultimo esemplare esce dalla fabbrica Alfa Romeo di Arese, là dove oggi sorge uno dei centri commerciali più grandi d’Europa. Prendete pure il fazzoletto per asciugare le lacrime.
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