Così Audi produrrà batterie sostenibili
Nuove metodologie di estrazione dei minerali permetteranno di ridurre l’impatto ambientale nella produzione di batterie
Avete probabilmente letto - e se non lo avete fatto vi consigliamo di recuperare - la storia ventennale dell’Audi RS6, che non è mai scesa al di sotto dell’architettura V8 e dei 4 litri di cilindrata, mentre la potenza è sempre stata superiore ai 450 CV. Bene, com’è facile intuire, di posto per macchine di questo genere ce ne sarà sempre meno e, di sicuro, dopo il 2035 (salvo cambi di rotta da parte della UE) non ne verranno presentati di nuovi. Il motivo è da ricercarsi nella volontà di liberare l’Europa dalla dipendenza dai combustibili fossili (no, certo, vietare i motori endotermici sulle auto non consentirà di raggiungere l’obiettivo). E qui si apre il dibattito sulla reale sostenibilità delle auto elettriche, che solleva diverse perplessità.
Cosa non convince (per ora) dell’auto elettrica
La prima perplessità, fondata, è che la produzione delle batterie impatta sull’ambiente in maniera molto pesante. La seconda, altrettanto valida, riguarda le modalità con cui si produce l'energia elettrica; nello specifico, se non la si ottiene da fonti rinnovabili, il teorema viene a mancare di una parte importante. La terza è inerente lo smaltimento degli accumulatori esausti, dopo che non sono più servibili nemmeno come secondo utilizzo; perché il problema prima o poi si pone, è bene ricordarlo. Audi, che è impegnata su tutti i fronti, ha fornito qualche dettaglio in più sulle modalità con cui sta cercando di risolvere il primo problema. L’obiettivo principale è quello di ridurre l'utilizzo delle materie prime metalliche: risorse esauribili come indio, germanio, cobalto, litio e le cosiddette terre rare.
I problemi legati alle materie prime
Le materie prime di cui avete appena letto, oltre a non essere disponibili all’infinito, si trovano in pochi Paesi del mondo e sono difficili da estrarre. A complicare ulteriormente le cose ci si mette il fatto che in alcuni casi sono presenti in quantità così piccole, in una certa zona, che l'estrazione non sarebbe economicamente redditizia. Il tutto non deve far dimenticare che le attività minerarie hanno un impatto pesante sull'ambiente.
Come superare il problema
L'Audi Environmental Foundation e l'Institute of Thermal, Environmental and Resources Process Engineering dell'Università di Freiberg lavorano insieme per trovare metodi alternativi e sostenibili per l'estrazione delle materie prime. Il progetto di ricerca è biennale che cerca di rendere più sostenibile l'attività mineraria, sia attraverso la ricerca in laboratorio sia attraverso la sperimentazione in ambienti operativi reali. La strada è quella di utilizzare metodi poco invasivi, molto diversi da quelli usati nell'estrazione convenzionale di minerali.
Nello specifico, si parla di un minore utilizzo di macchinari pesanti, di energia e di prodotti chimici. Così, il paesaggio è preservato: “Le principali attività minerarie vengono in gran parte evitate e si possono estrarre anche piccole quantità di minerale" spiega Rüdiger Recknagel, Direttore della Audi Environmental Foundation. Un ulteriore vantaggio di questo processo è che si rafforza l'indipendenza dalle importazioni, aumentando la sicurezza dell’approvvigionamento. Punto strategico cruciale, questo, ora che si è visto quanto caro possa costare dipendere da un solo Paese, la Cina nello specifico.
Bioleaching in situ
Il nome non è dei più facili da imparare: “bioleaching in situ”, bioliscivazione in situ. Di cosa si tratta? In pratica, i ricercatori scavano dei piccoli fori nella vena mineraria sotterranea; poi, attraverso la lisciviazione gli elementi preziosi vengono disciolti dal minerale con l'aiuto di microrganismi già presenti nella miniera. “I batteri sono come dei piccoli minatori che aiutano a trasferire gli ioni metallici in una soluzione" spiega Roland Haseneder dell’Institute of Thermal, Environmental and Resources Process Engineering. Lo scopo di questo processo è separare e arricchire indio e germanio partendo da una miscela multicomponente. Questi due metalli sono strategici e necessari per una serie di prodotti hi-tech come schermi piatti, touch screen, navigatori, fibra ottica, chip, sistemi fotovoltaici e cuscinetti per veicoli.
Dal laboratorio alla realtà: funzione
Il bello di tutto quello che avete letto è che il sistema funziona non solo sulla carta ma anche nella realtà: gli esperti lo hanno verificato portandolo a 147 metri di profondità, in condizioni di umidità al 90% e gocciolamento di acqua acida a 10 °C. In questo scenario sono stati monitorati la soluzione batterica, l'arricchimento con gli elementi bersaglio, i parametri di processo e la resa degli elementi bersaglio - i test hanno dimostrato l'efficienza del sistema.
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