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Mercedes 190, quarant’anni per la “piccola”

Nel 1982 rappresentava il modello di accesso alla gamma della Stella, che poi si è espansa a dismisura. E ora potrebbe contrarsi nuovamente…

Adriano Tosi
Pubblicato il: 28 nov 2022
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Corsi e ricorsi storici: nel 1982, quando la Mercedes 190 viene svelata per la prima volta al mondo, sono numerosi gli esperti che storcono il naso di fronte alla democratizzazione di un marchio che, fino ad allora, era stato molto elitario. Non si immaginavano, costoro, il successo clamoroso della 190; non avrebbero mai nemmeno ipotizzato che Mercedes si sarebbe “abbassata” fino alla Classe A. Per non dire della smart, per la quale però, appunto, fu creato un marchio a sé stante. Non divaghiamo troppo, comunque, perché la festeggiata è appunto la 190, che proprio nel novembre del 1982 fa la sua prima apparizione. Un’auto che è una risposta diretta ad Audi 80 e, soprattutto, a BMW Serie 02 - poi Serie 3 - che sono in questo segmento già da qualche anno.

Obiettivo: la migliore del segmento

In Mercedes arrivano dunque “in ritardo”, nel segmento D, ma lo fanno senza nascondere le proprie ambizioni: avendo Audi e BMW come punti di riferimento, sviluppano la 190 con l’obiettivo di farla migliore della concorrenza. Sotto ogni punto di vista. Uno, più di altri, cattura l’attenzione. All’inizio degli anni Settanta, infatti, negli USA viene approvata una norma anti inquinamento molto restrittiva, che impone ai Costruttori a ridurre le emissioni medie della gamma (già, proprio come accade oggi in Europa). Da qui, la necessità di un modello più piccolo, progettato perseguendo la massima leggerezza ed efficienza. Breitschwerdt afferma: “Imposi ai miei uomini di darmi conto, ogni lunedì mattina, dei grammi risparmiati su ogni singolo componente. Un esempio che mi è caro è quello del comando della ventola dell'abitacolo: un giorno si presenta da me un ingegnere e mi dice che sostituendo la classica manopola con un'asta a scorrimento laterale avremmo risparmiato una manciata di grammi. E quella fu la scelta definitiva”.

L’importanza della bellezza

Anche l’automobile migliore del mondo, leggera, bella da guidare, veloce, efficiente e iper sicura, se non è ben disegnata avrà uno scarso successo. I rigorosissimi ingegneri tedeschi hanno ben presente questo aspetto e per non vanificare il lavoro di cui avete appena letto si affidano al genio italiano di Bruno Sacco, capo del design Mercedes in quegli anni. Ne scaturiscono linee pulite e rispettose dei canoni stilistici della Stella, ma allo stesso tempo moderne e immortali. La Mercedes 190 è collegata al nostro Paese anche per un altro motivo: nell'agosto del 1983, a Nardò (LE), la 190 E 2.3-16 stabilì tre record del mondo. Poco meno di nove giorni a tutto gas sull'anello di alta velocità del tracciato a una velocità media di 247,939 km/h.

Gli ingegneri tedeschi, per non vanificare il proprio lavoro, per il design si affidano al genio italiano di Bruno Sacco

Dimostrazione di forza

Non una 190, ma tre, a dimostrazione della solidità del modello. Guasti? La rottura dello spinterogeno su una delle tre. I record del mondo battuti furono quelli sui 25.000 km, sulle 25.000 miglia e sui 50.000 km e le vetture erano vicinissime a quelle prodotte in serie: le modifiche principali (consentite dal regolamento per l'omologazione del record) riguardavano il serbatoio da 160 litri; l'abbassamento dell'assetto, la rimozione degli specchietti retrovisori esterni e la carenatura delle prese d'aria anteriori per ragioni aerodinamiche. I tre record sono tuttora imbattuti, Mercedes non ci ha più provato nemmeno con una AMG. A occhio, prima che possa batterli un’auto elettrica, dovranno essere rese di dominio pubblico le corsie capaci di ricaricare le batterie wireless.

Guidarla è un piacere, ancora oggi

Guidare macchine di venti, trenta, quarant’anni fa non è sempre un’esperienza esaltante. Anzi, soprattutto quando l’auto in questione fa parte del tuo album dei ricordi più emozionanti, il rischio di rimanere delusi è parecchio elevato. Ammetto che la 190 non è mai stata nei miei desideri di ragazzino appassionato, e quindi l’asticella delle aspettative non era altissima. Detto questo, è oggettivo che guidando la (fu) piccola Mercedes si rimane stupiti: a me è successo dieci anni fa, quando ho partecipato ai festeggiamenti per il trentennale del modello. L’assetto è decisamente morbido per i canoni odierni, ma la tenuta di strada e la stabilità stupirono nel 1983 (quando l'auto arrivò su strada) e convincono ancora oggi. Il test si è svolto per gradi, partendo dalla 190 (mossa, lentamente, da un pigrissimo 2.0 a benzina da 90 CV) dotata di asfittici pneumatici 175/65 – 14. Roba che ormai non si utilizza più nemmeno sulle citycar. Nonostante questo, i limiti di tenuta sono più che buoni e, ciò che più conta, le reazioni sono molto progressive e prevedibili. Per fortuna esistono l'ESP e tutta la sicurezza attiva e passiva moderne, ma la 190 è “sana” e solo in casi di emergenza chiamerebbe in causa il controllo elettronico di stabilità. Il merito di tanta stabilità, mi dice il “papà” del retrotreno della 190 Manfred von deo Ohe, è proprio della sospensione posteriore a cinque bracci, grazie alla quale i movimenti della ruota sono perfettamente controllati e assicurano un contatto costante fra pneumatico e asfalto, senza pericolose variazioni delle geometrie.

Il merito di tanta stabilità, mi dice il “papà” del retrotreno della 190 Manfred von deo Ohe, è della sospensione posteriore a cinque bracci

La mitica turbodiesel

Negli anni Ottanta e Novanta era sorta di istituzione, lo status symbol di dirigenti d'azienda, rappresentanti e imprenditori (ok, non quelli di altissima fascia): sto parlando del motore 2,5 litri di cilindrata, a gasolio. Quello della Mercedes 190 eroga 122 CV e l’auto sarebbe ancora oggi all’altezza del compito di scorrazzare su e giù per le autostrade di tutta Europa. Il silenzio regna sovrano fino a 150 km/h, le buche vengono “annullate” dall'assetto morbido e i chilometri scorrono senza che schiena o gambe accusino fatica. La fama di stradiste, le Mercedes se la sono conquistata sulle tre corsie. 

La cattiva

Si chiama 2.5-16 Evolution II e anche in questo caso il peso degli anni si sente appena. La “Evo II” incanta con il motore, vorace di giri fino a quota 7.000, ed entusiasma con il comportamento in curva. Il rollio è sensibile, ma la vettura si appoggia sulle ruote esterne con gradualità, restituendo un buon feeling alle mani del guidatore. Si può inoltre giocare con l'acceleratore: l'inerzia porta il posteriore ad arrotondare leggermente e in modo progressivo la traiettoria, ma basta ritornare sul pedale del gas per ritrovare la linea ideale e uscire di curva a ruote dritte con tanta velocità. Prima di chiudere, torniamo un attimo sul discorso del successo commerciale: sono 1,8-1,9 milioni gli esemplari immatricolati per la 190. Numeri pazzeschi che fanno un gran bene alle casse della Casa di Stoccarda. Oggi, anno 2022, con l'avvento dell'elettrico Mercedes si appresta a tornare alle origini: no, difficilmente avrà ancora una gamma composta da due soli modelli, però l'intenzione - dichiarata - è quella di concentrarsi sui modelli di più alta gamma, quelli cioè capaci di assicurare i più alti margini di guadagno. 

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