Opinione: la prima serie della Kia Soul mi piace e non mi vergogno di ammetterlo
La Soul è un SUV che non grida ai quattro venti “guardate il mio nuovo SUV”
“Una scatola su ruote”: è una delle critiche più comuni che sono state rivolte alla nuova Jaguar Type 00. Lo stesso si potrebbe dire della Kia Soul, un'auto per la quale ho un debole non tanto segreto. Non sto parlando della versione aggiornata (forse un po' più bella), ma della Soul di prima generazione: la più scatolata tra le scatole su pneumatici che hanno mai circolato su strada. Ma ciò che sembra strano in un paese, spesso non lo è in un altro. L'Asia ama le auto squadrate, in particolare il Giappone, patria delle Kei car e luogo in cui le scatole su ruote sono ben accette, tanto che Honda ha chiamato uno dei suoi modelli “N-Box”.
Ho vissuto lì per un paio d'anni durante la mia giovinezza e quando ho visto per la prima volta la Soul ho provato un piacevole senso di nostalgia. All'epoca del lancio, a dominare nel design delle auto erano le curve, quindi la squadratissima Soul rappresentava un interessante cambiamento. Il modello era anche il motivo per cui mi ritrovavo a scorrazzare per le strade di Seul in una Kia Ray EV. La Ray era una microvettura prodotta per il mercato coreano e, a tutti gli effetti, una versione mini della Soul. Poiché la Soul EV stava per essere lanciata sul mercato interno, Kia decise di mostrare in anteprima le sue tecnologie EV in un altro veicolo. E questo quando il numero di veicoli elettrici in vendita si poteva contare sulle dita di una mano.
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Certo, non era un valido pretesto per un SUV. La Soul non ne aveva l'aspetto – ma si distingueva dal mucchio e non era così antipatica - e non aveva la trazione integrale. Eppure, presentava molti degli altri vantaggi offerti dai crossover compatti senza alcuna ostentazione. Salire a bordo era più facile per gli anziani, praticità e spazio a bordo non mancavano, e la tecnologia dell'abitacolo era impressionante per l'epoca. Certo, quei sedili a secchiello e le sospensioni più rigide non erano un bene per il posteriore, per così dire. Ma se non si teneva conto degli interni in plastica economica, si prendeva un cuscino e si indossavano delle cuffie per attenuare il rumore del motore, quest’auto - di per sé sobria - era una scatola divertente, bella e affidabile.
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