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Mazda, il coraggio di andare per la propria strada

L’ultima testimonianza - solo in ordine di tempo - è il ritorno del motore rotativo Wankel come generatore di corrente sulla MX-30

Adriano Tosi
Pubblicato il: 29 giu 2022

I tedeschi? Quadrati, almeno negli orari di lavoro. Gli italiani? Fantasiosi, talvolta rumorosi. I giapponesi? Determinati e introversi. Generalizzazioni, banalizzazioni se volete. Però un fondo di verità quasi - e questo quasi è bene sottolinearlo tre volte - sempre c’è, nel luogo comune. Si provi per esempio a smentire la determinazione giapponese e si provi a farlo, a maggior ragione, guardando a ciò che fa Mazda, da sempre. Quartier generale: Hiroshima. Segni particolari: passione per le auto e per il motore rotativo. E se sul secondo andremo nello specifico più sotto, smarchiamo subito la questione dell’amore per l’automobile. Un sentimento che in Mazda non hanno mai rinnegato, anzi.

Automobili, altro che servizi

Se le automobili le fai con passione, qualche appassionato pronto a spendere dei soldi lo trovi.

In un’epoca come questa, in cui molte Case automobilistiche fanno di tutto per essere percepite come “fornitori di servizi per la mobilità connessa e sostenibile”, aggiungendo magari qua e là un “inclusivo”, un “premium” e un “iconico”, in Mazda continuano a parlare di macchine, accidenti. E a disegnarle a modo loro peraltro: si prenda la pulizia delle linee della Mazda3 (foto qui sotto) come esempio Per i servizi connessi e “blablabla” ci sono i monopattini elettrici cinesi, magari anche le auto, sempre elettriche e (soprattutto in futuro…) cinesi.

Ok, il mondo si evolve e anche le auto devono farlo. Ciò non significa snaturare e smontare un pezzo significativo di storia industriale europea, giapponese e statunitense: si possono integrare i nuovi servizi nelle auto moderne, le si possono rendere sempre più sostenibili, senza però farle passare per elettrodomestici. E attenzione: il caso Toyota - con Yaris GR e GR86 andate a ruba, e con la Corolla GR già pronta - ma anche Mazda stessa con la MX-5 - una roadster che continua a piacere e a vendere, nel 2022 - sono la dimostrazione che se le automobili le fai con passione, qualche appassionato pronto a spendere dei soldi lo trovi.

Il legame con il Wankel

Oltre alla filosofia, c’è ovviamente anche la tecnica, materia che in Mazda riescono a buttare in… Filosofia. Caso Wankel: questa soluzione viene portata al debutto, su un’auto di serie, con la Cosmo Sport del 1967. In 45 anni, Mazda ha venduto oltre due milioni di veicoli con questa tipologia di motore e ci ha anche vinto una 24 Ore di Le Mans, con al volante Weidler, Herbert e Gachot. Lo so, dal 1967 a oggi sono passati 55 anni e non 45, però il conteggio si ferma al 2012 quando esce di scena la RX-8 a causa di norme anti-inquinamento sempre più stringenti. Già, il vero tallone d’Achille di questo propulsore sono le emissioni inquinanti.

Gli ingegneri Mazda, però, determinati fin quasi a essere testardi, avevano promesso che avrebbero trovato il modo per renderlo molto più green. Indovinate un po’? Ci sono riusciti e, a breve, il Wankel (dal cognome dell’ingegnere tedesco che per primo è riuscito a farlo funzionare a dovere) tornerà con lo scopo di ricaricare la batteria della MX-30, l’elettrica di casa, che a questo punto diventerà - anche - range extended.

Perché proprio un Wankel su un’elettrica

La domanda sorge spontanea: perché investire nel miglioramento del Wankel, quando si poteva prendere un motore “normale”? La prima risposta è che se prendesse la via più semplice non sarebbe Mazda, la seconda, più articolata, comprende una serie di motivazioni tecniche. Innanzitutto, il Wankel è più leggero e compatto di un motore a ciclo Otto e di uno Diesel; genera minori emissioni di NOx; ha una potenza specifica superiore (più CV a parità di cilindrata); è meno costoso da produrre e richiede meno manutenzione.

Un po’ di storia

Torniamo ora un bel po’ indietro, agli albori del Wankel. A Hiroshima iniziano a lavorarci nel 1961 e arrivano sul mercato nel 1967, sulla base del prototipo funzionante che il Dr. Felix Wankel riesce a costruire nel 1957. Le ragioni che spingono Mazda a investire sul rotativo, ieri come oggi, sono molteplici: leggerezza, compattezza, potenza specifica, il rotore è uno solo (mentre i cilindri sono almeno 3, sulla gran parte dei motori automobilistici) e non segue un moto alternato bensì gira attorno a un asse, oltre a non avere e valvole e, quindi, tutti i meccanismi necessari ad azionarle. Caratteristiche che lo rendono più silenzioso ed esente da vibrazioni. Inoltre, un giro di rotore ne richiede tre di albero motore, mentre nel motore classico le 4 fasi si completano ogni due giri di albero motore: anche questo contribuisce alla fluidità di funzionamento.

Coppia ridotta e consumo di lubrificante elevato

Il rovescio della medaglia? Ce sono diversi, in verità. Il primo è che la coppia è bassissima, ai regimi inferiori. Un problema a cui si ovvia optando, sulla Cosmo Sport e anche su molti modelli successi, per un doppio rotore. Altro problema è il consumo esagerato di lubrificante; il fatto poi che il rotore strisci continuamente contro le pareti dello statore genera temperature molto alte e grandi difficoltà agli ingegneri. Problematiche che evidentemente gli ingegneri Mazda hanno superato, per l’unità che andrà a rinforzo della batteria della MX-30, perché se è vero che non è collegata alle ruote, è anche vero che le leggi attuali, giustamente severissime, non consentirebbero l’omologazione di un motore ad alte emissioni.

Se invece siete interessati alla storia più approfondita del Wankel, di come sia passato alla sovralimentazione e poi alla “variante” Renesis, continuate a leggerci. 

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